La scatola dei tesori di Giovanna Zoboli

Anche voi da bambini avevate uno scrigno dei tesori? Io possedevo una specie di porta gioie, fatto di cartone e con una decorazione piuttosto orribile, dai toni olivastri e marroni sciapi, con sopra disegnata quella che credo fosse una pastorella. Era chiaramente un oggetto femminile, che era meglio tenere nascosto, ma non mi importava davvero perché era proprio lì, nascosto, che doveva rimanere. Il suo scopo infatti era contenere degli oggetti speciali, dei segreti.

Foto di Clem Onojeghuo su Unsplash

Qualche anno fa mi è capitato di riprendere quella scatola in mano mentre cercavo alcune cose nella mia vecchia camera. Non ho potuto fare a meno di accogliere il ritrovamento con un sorriso. Aprendola, ho ritrovato quelle sciocchezze che, per un motivo o per l’altro, all’epoca avevo considerato importanti. Si trattava di cianfrusaglie. Cose come un righello, o una spilletta, un nastro… eppure le visualizzo ancora benissimo, e anche in questo momento riesco a collegarle tutte a un avvenimento ben preciso e, sì, conservo il ricordo del cosa le aveva rese tanto preziose. Erano degli oggetti che, in fin dei conti, mi definivano.

Il libro di Giovanna Zoboli, Fuori da noi, è un po’ come uno scrigno dei tesori. Lo si può già intuire dal sottotitolo: cose, piante, città. Una lista. Ma anche il nome di un gioco. Ed è in parte per questo che non lo si riesce mai a definire in maniera esatta: non è un romanzo ma, allo stesso tempo, permette al lettore di immaginarsi una storia. Non è saggistica, ma ogni intervento è un piccolo saggio, un articolo che unisce cose e/o esperienze a riflessioni. Non è un diario, ma sono indubbiamente dei ricordi. Non sono racconti, ma ogni ricordo è, per forza di cose, un racconto. Quindi è tutto questo e allo stesso tempo non è niente. È una scatola dei tesori, appunto, che possono essere ammirati uno dietro l’altro, oppure in ordine casuale.

Un piccolo passo indietro.

Forse non tutti sanno chi sia Giovanna Zoboli, quindi è il caso di colmare questa lacuna. Giovanna Zoboli è una dei due fondatori di Topipittori, casa editrice specializzata in libri, soprattutto illustrati, per bambini e ragazzi. A mio avviso, una delle migliori del settore. Di libri per bambini è anche autrice e scrive su Doppiozero. Quest’ultima cosa ci tengo a sottolinearla perché i suoi articoli legati alle fiabe sono per me, qualcosa di imperdibile.

Nel tempo mi sono fatta l’idea che esista una sorta di genio che assiste l’infanzia e le offre quello di cui necessita e di cui gli adulti non si fanno carico. Le fiabe sono uno dei tipici doni elargiti da questo genio. Maltrattate, osteggiate, controverse, disinnescate più o meno in tutte le epoche da che da patrimonio orale sono assunte a letteratura, le fiabe, tanto più immaginifiche, surreali, fantastiche, quanto più assicurano ai bambini informazioni affidabili sullo stato delle cose del mondo in contrasto con le esigenze degli adulti che, siano essi autoritari o libertari, tendono comunque a scambiare il controllo per educazione, istruzione e protezione.

Questi brevissimi cenni biografici ci servono intanto perché mi pare giusto che si conoscano i traguardi dell’autrice, e in parte perché mi verrebbe da dire che anche questo fa parte della storia.
Il volume è infatti diviso nelle tre sezioni annunciate nel sottotitolo e ripercorre ricordi, esperienze e viaggi dell’autrice. Si passa dal primo giorno in una nuova scuola, alla gita a casa di amici di famiglia, soffermandosi poi sul giardinaggio, su un frammento di meteorite e varie altre cose fino ad arrivare a Cracovia. Tutto questo però, ha alcuni fili rossi, alcuni leitmotiv che si inseguono in ogni capitolo e che riguardano molto spesso l’infanzia e soprattutto, i libri.

È una scatola dei tesori, dicevo, perché c’è l’impressione fin dalla prima pagina, che l’autrice prenda in mano un oggetto o un libro, e si ricordi improvvisamente di un avvenimento che a esso è legato. E quando ci si ricorda all’improvviso di qualcosa, bisogna subito riviverlo, e allora si parte a raccontare. Il bello dei ricordi poi, è che vengono narrati con trasporto e quindi è difficile rimanerne indifferenti. Così il lettore non può smettere di leggere di quella scuola così diversa dalla sua, o dei girini che erano stati raccolti per vederne la trasformazione. E non si può nemmeno evitare di rapportare il proprio vissuto a quello dell’autrice, così ai suoi girini si contrappongono le proprie lumache, il suo Piccole donne viene bilanciato dal nostro Libro della giungla e così via, creando un gioco di specchi extratestuale.

Saltando da un ricordo all’altro, Zoboli mette su carta un avventuroso e particolarissimo inno alla curiosità. In tutte le parti di questo libro, infatti, c’è la gioia dell’avventura, della ricerca, del vagabondaggio anche casuale tra le piante, le soffitte, i giochi, le città, per poi rimanere colpiti da qualcosa, sia questo un animale, un frammento, un incrocio, una lettura, che scatena la meraviglia della scoperta, del nuovo, dell’andare oltre.
Ma è anche un inno al sapere (che con la curiosità va a braccetto). È bello scoprire qualcosa ma è anche bello conoscerla più in profondità, e in questo la seconda parte è esemplare. Parlando della sua passione per il giardinaggio, l’autrice riesce a trasmettere la necessità di conoscere quanto più possibile l’argomento cui ci si dedica.

E poi, Fuori da noi è un libro sui libri. Lo è fin nel profondo. I libri sono, davvero, ovunque. Nominati, amati, consigliati, citati, anche ampiamente. Sono frutti di sorpresa, sono regali, sono proibiti, sono curiosi, colorati. Ed ecco allora che si entra in quel vortice di titoli mai sentiti, di autori più o meno sconosciuti, e si vorrebbe recuperare tutto, perché tutto sembra bello e necessario. Questo fa anche in modo che si noti come la vita della piccola/giovane/grande Giovanna avanzi sempre assieme ai libri. La vita può essere raccontata dai e con i libri, che a loro volta sono compagni di altre vite. E forse… forse è un po’ questo che mi ha tanto ammaliato: il mostrare una vita in cui i libri erano amati compagni di avventure casalinghe, scolastiche, lavorative, hobbistiche, e che sono poi arrivati a essere anche il lavoro dell’autrice che ora costruisce compagni per lettori nuovi, altri, che un giorno magari faranno altrettanto.

Oggi, ricordando come I Quindici giunsero a noi, penso che è straordinario come anche le persone migliori, più colte e raffinate, come lo era mio padre, manchino di riferimenti per valutare un libro per bambini. Fra tutte, la letteratura per bambini e ragazzi è la più difficile da comprendere e giudicare poiché il suo ambito è sconfinato, il suo pubblico misterioso, la sua funzione straordinaria, motivo per cui i consueti criteri risultano inservibili.

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