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Bram Stoker e Dublino

Passeggiata gotica nei luoghi dell’autore di Dracula

Bram Stoker Dublino racconti
Targa sulla casa di Bram Stoker, foto di Eleonora Paulicelli

Bram Stoker è uno tra gli scrittori più famosi nati a Dublino e ogni anno ad Halloween si svolge il Bram Stoker Festival, una serie di incontri e parate per la città a tema gotico. Ho dato uno sguardo al programma di quest’anno e tra le varie iniziative organizzate c’erano percorsi per la città dedicati a due tra i libri fondamentali della letteratura gotica dei vampiri: Dracula[1] di Bram Stoker e Carmilla[2] di Joseph Sheridan Le Fanu. I percorsi li ho trovati incompleti perché potendo durare solo qualche ora non potevano coprire tutti i luoghi legati a questi due autori. Ci provo quindi io con questo post a farvi fare una passeggiata virtuale attraverso la Dublino di Bram Stoker portando con me la sua prima raccolta di racconti, Under the Sunset [3].

Quindi, si parte.

Punto di partenza: Spire, O’Connel Street

Iniziamo da 15 Marino Crescent, Clontarf, dove Bram Stoker nasce nel 1847, da Abraham e Charlotte Stoker. Sfortunatamente, a causa di una malattia tuttora sconosciuta, Bram Stoker passa tutta la sua infanzia a letto e la madre Charlotte trascorre molto tempo con lui raccontandogli della grande carestia che l’Irlanda visse a partire dagli anni ’30 dell’800. Carestia causata da un fungo che colpì le coltivazioni di patate, base dell’alimentazione irlandese, facendo crollare la produzione di questo tubero e provocando la morte di quasi un milione di persone. Charlotte racconta al giovane figlio immobilizzato a letto le scene di vita quotidiana in giro per le strade di Dublino e i poveri ricoperti di stracci che si trascinano per la città chiedendo cibo o vestiti per coprirsi. Echi dei racconti di Charlotte si riconoscono in alcuni brani del racconto The Invisible Giant:

In the city there were many great old houses, storey upon storey high; and in these houses lived many poor people. The higher you went up the great steep stairs the poorer were the people that lived there, so that in the garrets were some so poor that when the morning came they did not know whether they should have anything to eat the whole long day. This was very, very sad, and gentle children would have wept if they had seen their pain.

Questo racconto parla di una ragazza che salva il proprio Paese dai Giganti attraverso la sua devozione e la sua innocenza. I Giganti molto probabilmente si riferiscono alla grande carestia e la descrizione di queste case rimanda esattamente alle immagini della grande povertà che colpì Dublino e l’Irlanda durante il XIXesimo secolo.

Come arrivare: dallo Spire prendete il 123 direzione Marino e scendete a Griffith Avenue (sono 14 fermate in tutto). Invece, alla banchina di Custom House nella zona delle Docklands potete trovare una serie di sculture in bronzo dedicate alla Grande Carestia realizzate dallo scultore dublinese Rowan Gillespie. Per vedere le statue, tornate in centro e costeggiate il Liffey verso est. Le troverete dopo l’ufficio del governo federale.

Seconda tappa: Trinity College

Al Trinity College Bram Stoker studia e si laurea in Matematica. Avendo sconfitto la malattia che lo aveva tenuto a letto durante l’infanzia, diventa popolarissimo grazie alle vittorie nelle competizioni di sollevamento pesi, corsa e rugby. Qui scopre anche la sua passione per la letteratura e diventa presidente della Società Filosofica del Trinity College. Negli stessi anni frequenta molto la casa di Sir William and Lady Jane Wilde, i genitori di Oscar Wilde. Sir William Wilde, oltre che medico, era un famoso egittologo che partecipò anche a molte esplorazioni in Egitto nella prima metà dell’800. Bram Stoker inizia a sentir parlare dell’antico Egitto proprio in casa della famiglia Wilde. Le storie di mummie, amuleti e riti propiziatori influenzarono innegabilmente il romanzo Il Gioiello delle Sette Stelle[4], storia di un giovane avvocato che si ritrova coinvolto in un antichissimo rituale per resuscitare Tera, l’antica maga egiziana uccisa per aver acquisito poteri divini attraverso le sue arti.

La sua laurea in matematica è anche d’ispirazione per il racconto How 7 went Mad, in cui Stoker gioca molto con i numeri e con la nozione di numeri primi, dimostrando già la sua fervida immaginazione. Soprattutto nei dialoghi surreali tra un malato (che nel racconto si chiama proprio 7) e il suo medico:

«Now make the speech», said the Doctor.

«I can’t begin», said 7, «till I get a glass of water on a table. Who ever heard of any one making a speech without a glass of water!».

So they brought a glass of water.

«Ladies and Gentlemen» – began 7, and then stopped.

«What are you waiting for?» said the Doctor.

«For the applause, of course», said 7. «Who ever heard of a speech without applause?».

They all applauded.

«I am mad», said 7, «because I choose to be mad; and I never shall, will, might, could, should, would, or ought to be anything but mad. The treatment that I get is enough to make me mad».

«Dear me, dear me!» said the Doctor. «What treatment?».

«Morning, noon, and night am I treated worse than any slave. There is not in the whole range of learning any one thing that has so much to bear as I have. I work hard all the time. I never grumble. I am often a multiple; often a multiplicand. I am willing to bear my share of being a result, but I cannot stand the treatment I get. I am wrong added, wrong divided, wrong subtracted, and wrong multiplied. Other numbers are not treated as I am; and, besides, they are not orphans like me».

«Orphans?» asked the Doctor; «what do you mean?».

«I mean that the other numbers have lots of relations. But I have neither kith nor kin except old Number l, and he does not count for much; and, besides, I am only his great-great-great-great- grandson».

Come arrivare: dallo Spire dirigetevi presso O’Connel Bridge, attraversatelo e proseguite lungo Westemoreland St.. Troverete l’ingresso principale del Trinity College quattrocento metri più avanti sulla sinistra. Poi dall’uscita posteriore del Trinity continuate lungo Nassau Street fino ad arrivare a Merrion Square dove troverete la casa museo in cui viveva la famiglia Wilde.

Terza tappa: Il Castello di Dublino

Qui Bram Stoker inizia a lavorare prendendo il posto del padre dopo il pensionamento. Per salvarsi dalla noia del suo lavoro burocratico decide di accettare anche un lavoro al Dublin Evening Mail, dove si occupa di recensioni teatrali e dove inizia a frequentare Sheridan Le Fanu, uno dei proprietari del giornale. Non è molto difficile pensare che Stoker abbia subito l’influenza di Sheridan Le Fanu e della sua opera più famosa, Carmilla, storia di una vampira pubblicata venticinque anni prima di Dracula. Lavorare nel Castello di Dublino ha probabilmente ispirato anche l’unico romanzo ambientato in questa città, The Snake’s Pass[5] in cui il personaggio principale intraprende il sentiero del serpente che lo porterà alla deriva. Due sono gli elementi del Castello di Dublino che mi piace legare a questo romanzo: il sentiero nel giardino del Castello, che riproduce proprio un serpente, e un altro giardino più piccolo con una fontana a forma di serpente stilizzato.

Il castello è anche presente nel racconto The Castle of The King, in cui un poeta scopre la morte della sua amata e decide di raggiungerla nel regno dei sonni eterni. L’impresa, però, inizierà solo dopo aver superato gli ostacoli nel Castello del Re della Morte, così descritto:

To the eyes of the dying Poet the creeping mist was as a shadowy castle. Arose the tall turrets and the frowning keep. The gateway with its cavernous recesses and its beetling towers took shape as a skull. The distant battlements towered aloft into the silent air. From the very ground whereon the stricken Poet lay, grew, dim and dark, a vast causeway leading into the gloom of the Castle gate.

In questa descrizione possiamo già rintracciare in embrione le ambientazioni gotiche che ritroveremo più tardi in Dracula.

Come arrivare: dopo aver visitato il Trinity College andate ad ovest camminate lungo la Mercantile e vi ritroverete il castello sulla sinistra dopo circa 10 minuti.

Ultima tappa: le mummie di St. Michan

St. Michan è un’antichissima chiesa cristiana di Dublino. Visto che parliamo dell’autore di Dracula, una cripta e delle mummie devono essere compresi in questa passeggiata. Nei sotterranei della chiesa di St. Michan è possibile accedere a due cripte che contengono quattro mummie perfettamente conservate, probabilmente grazie ad una particolare combinazione di metano, aria secca e temperatura. Queste mummie fanno entrare immediatamente nelle atmosfere gotiche di un libro dell’800: sotterranei poco illuminati, ampli strati di polvere, bare scoperchiate. Nella prima cripta ci sono tre mummie: una donna, un ladro (riconoscibile perché gli furono tagliati un piede e una mano, così almeno dice la guida) e un’altra donna più piccola, probabilmente una suora. La vera star, però, è in un’altra stanza ed è la mummia di un crociato di 800 anni fa a cui hanno dovuto tagliare le gambe per farlo entrare nella bara; era troppo alto per quei tempi.

Le cripte presenti in St. Michan sono sei, ma solo due sono accessibili e le leggende raccontano che in una delle altre quattro sia conservata la tomba della madre di Stoker. Qui ci possiamo fermare e leggere Under the Sunset, racconto di un bellissimo paese che si chiama proprio Sotto il Tramonto che nessuno ha mai visto durante le ore diurne, ma solo al tramonto. Nessuno può lasciarlo e a fare la guardia sono degli angeli e dei cani che non mai riposano. Un giorno, però, il Diavolo si presenta e tutto cambia…

Come arrivare: dopo aver visitato il Castello di Dublino, ritornate lungo il Liffey, attraversate di nuovo uno dei ponti e seguite le indicazioni per la chiesa, che è distante solo 15 minuti. Dopo la visita potete andare alla distilleria Jameson che si trova lì vicino. Dopo le mummie e la lunga passeggiata ve lo siete meritati.

Stoker rimane a Dublino fino al 1878 per poi trasferirsi a Londra quando il famosissimo attore Henry Hirving  gli propone il lavoro di manager presso il Lyceum Theatre. È innegabile che sia stata Londra a ispirare maggiormente la sua opera più importante, ma il suo immaginario è stato sicuramente influenzato anche dalla grande carestia, da un sistema sociale che privilegiava i protestanti inglesi rispetto agli irlandesi, dai paesaggi della provincia irlandese, dai suoi castelli abbandonati lungo le coste, dalle mummie di St. Michan e dai racconti sull’Egitto di Sir William Wilde. La raccolta Under the Sunset che ci ha portati in giro per Dublino ne è una piccola testimonianza.

Con questo post termino le mie corrispondenze da Dublino e sono contenta di averlo fatto con l’autore di un libro che ho sempre amato. L’anno nuovo mi porterò in un nuovo Paese, con un nuovo lavoro e una nuova lingua da parlare. Ci rivediamo in Germania!


[1] Bram Stoker, “Dracula”, Oscar Mondadori, 2005
[2] Joseph Sheridan Le Fanu “Carmilla”, Tascabili Economici Newton, 1995
[3] Bram Stoker, “Under the Sunset”, Sampson Low, Marston, Searle and Rivington, London, 1881
[4] Bram Stoker. “Il Gioiello delle Sette Stelle”, SuperBur, 1992
[5] Bram Stoker, “The Snake’s Pass”, The Delphi Classics (Parts Edition), 2017

Il curioso caso delle antologie irlandesi

La libreria Hodges Figgis di Dublino (foto dalla pagina facebook).

Una tra le prime cose che ho fatto appena trasferita qui a Dublino è stata visitare la libreria Hodges Figgis, famosa perché citata nell’Ulisse di Joyce: «She, she, she. What she? The virgin at Hodges Figgis’ window on Monday looking in for one of the alphabet books you were going to write.»[1]. Ogni volta che entro mi fa sempre uno strano effetto pensare che Joyce sia stato qui. A piano terra, accanto alle casse, c’è uno scaffale con i libri più letti del mese e ad inizio ottobre il secondo posto era occupato da una antologia di racconti brevi di scrittrici irlandesi, The Glass Shore: Short Stories by Women Writers from the North of Ireland[2].

Non posso non nascondervi che la cosa mi abbia meravigliato molto considerato che in Italia, si sa, non solo si legge poco, ma sicuramente i racconti brevi non sono ai primi posti delle classifiche di vendite. Questa antologia raccoglie la voce di venticinque scrittrici nordirlandesi ed è stata curata dalla giornalista, scrittrice ed editrice Sinéad Gleeson.

La scelta di sole scrittrici nordirlandesi non è stata casuale. L’editrice ha voluto fortemente dare voce e spazio a queste scrittrici perché spesso nelle antologie di racconti brevi compaiono solo uomini e tra le pochissime voci femminili ci sono quasi sempre le più celebri come Mary Lavin o Edna O’Brien. La particolarità di questa antologia è il tema attorno a cui ruotano i racconti: l’identità e i confini. Sono storie di donne che emigrano da Belfast a Londra, da Dublino ad Abu Dhabi, dal nord dell’Irlanda a Cork lasciando la famiglia al confine.

Disturbing words di Evelyn Conlon è la mia preferita, la protagonista lascia la sua famiglia al confine con il nord dell’Irlanda e dice alla famiglia: «Yes, I had gone away. First to Dublin, where they couldn’t stop hearing the headlines in my accent, and then to further away, where it didn’t matter». Perché sì, quando emigri, ci saranno sempre particolari che ti porti via con te a ricordarti ogni giorno che sei ospite nella nuova terra in cui vivi. Come l’accento. Questa antologia ti fa ripensare sotto un’altra luce l’immigrazione che non è solo il viaggio fisico, ma anche una modifica della propria identità attraverso il distacco dalla propria terra e l’integrazione nel nuovo paese: il passaggio del confine non è una mai solamente una questione geografica o fisica, è una trasformazione irreversibile. In questi racconti il confine è qualcosa di fisico e mentale che definisce quale vita farai e quando decidi di superarlo tutto cambia.

Sinéad Gleeson ha curato una precedente antologia di scrittrici irlandesi: The Long Gazeback edita nel 2015. Questa prima antologia è molto particolare perché raccoglie la voce di 30 scrittrici irlandesi viventi e non, ricoprendo un periodo temporale di 217 anni. Sì, avete letto bene: 217 anni. L’obiettivo della curatrice per questa antologia era non solo di guardare ai tempi che viviamo, ma anche indietro, a quando alle donne non erano concesse molte occasioni per essere pubblicate. L’editrice con questa antologia voleva dare il giusto spazio negato in passato ed esaminare cronologicamente come si siano sviluppate le voci femminili dalle prime pioniere come la Edgeworth fino alle voci più recenti come Eimar Ryan o Roisin O’Donnell.

La raccolta inizia proprio con un racconto breve di Maria Edgeworth ed ha come protagonista una bambina che vuole un paio di scarpe nuove, ma posta di fronte ad una scelta, preferisce comprare un vaso viola pensando che all’interno del vaso ci fosse un liquido viola. Quando arriva a casa, scopre la verità e pretende di uscire di nuovo per comprare le scarpe, ma i genitori si rifiutano dicendole che occorre sempre assumersi la responsabilità delle proprie scelte. Molti critici hanno rivisto questo racconto come uno dei primissimi esperimenti di descrizione della società capitalista nella quale siamo poi entrati gradualmente nei secoli successivi. Non so se questa visione sia corretta, ma ho trovato il racconto molto piacevole e sono riuscita a riconoscermi nelle dinamiche raccontate e nel rapporto che la bambina ha con i suoi genitori, nonostante sia stato scritto più di due secoli fa.

I lavori di Edgeworth sono stati si ispirazione per Scott, Yeats, Coleridge, Flanangan e Louise May Alcott, mentre John Ruskin dichiarò che c’è più da imparare nel romanzo The Absentee sull’Irlanda che da cento giornali. Non la conoscevo ed è stato bello scoprirla.

Il secondo racconto è di Charlotte Riddell e parla di un matrimonio in cui entrambi i partner sono insoddisfatti passando il tempo ad incolpare l’altro delle proprie insoddisfazioni. In questo racconto l’autrice invita le donne a lavorare perché, se proprio devono sentirsi infelici, lo siano a causa di un brutto lavoro e non di un marito insensibile. In questo racconto ho ritrovato in forma primordiale le idee di Virginia Woolf, questo probabilmente a testimonianza del fatto che le idee sull’emancipazione femminile avevano già iniziato a fecondare la società da qualche tempo.

Sono stata molto contenta di aver ritrovato in questa raccolta Evelyn Conlon con il racconto The meaning of missing nel quale ritorna sul tema della migrazione ed esplora la relazione tra due sorelle lontane, una a Dublino e l’altra in Australia, con tutte le difficoltà che ci possano essere nel mantenere rapporti quando si è molto lontani. Anne Enright nel racconto dal titolo Three stories about love, un po’ tre racconti in uno, declina alcune forme dell’amore: verso i proprio genitori, verso un figlio non ancora nato, verso un uomo appena incontrato e che finisce nel tuo letto. In queste dieci pagine c’è tutto: il rapporto con i social, le nuove e vecchie paure, frustrazioni e felicità legate a queste diverse forme di amore. C’è poi My little Pyromaniac di Mary Costello che racconta come sia difficile farsi capire in una relazione e come questo fallimento porti inevitabilmente a sentirsi soli. Questo è sicuramente il mio racconto preferito.

È stato poi interessante leggere come autrici in tempi diversi abbiano raccontato drammi come la perdita di un figlio: The Eldest Child è stato scritto in un periodo in cui di rado a una madre capitava di assistere alla morte di un figlio e questo tema è ripreso più in là negli anni nel racconto Somewhere to be, ma affrontato con un approccio diverso. L’ultimo racconto Lane in Stay è la storia di una vedova che dopo la morte del marito con il quale è stata sposata per una vita decide di sperimentare l’amore più frivolo, con ragazzi più giovani.

Devo dire che leggere i primi racconti è stato un po’ più complesso da un punto di vista dello stile, l’inglese non è ancora quello a cui sono abituata a leggere oggi sui giornali o nei romanzi. Questa raccolta non è solo interessante per le scrittrici a cui è stata data voce, ma anche perché la struttura temporale dell’antologia riesce a mostrare i cambiamenti della società irlandese attraverso le protagoniste. Le donne che, nei primi racconti sono angeli del focolare, diventano attive protagoniste dei cambiamenti dei costumi della società. E man mano che si percorre il ‘900 attraverso questi racconti, si nota subito come queste donne dimostrano di assumere sempre più coscienza e un ruolo attivo nelle storie raccontate: non sono più solo una voce narrante, ma tracciano e determinano l’evoluzione del racconto stesso. Qui non ci sono storie da romanzi rosa o, come si dice in inglese, “girly” in cui la donna viene raccontata mediante cliché. Al contrario, ci sono storie di donne che provano gioia, passione, compassione, dolore. È rappresentata tutta la ricchezza della vita declinata al femminile, anche se ormai trovo questa distinzione di genere un po’ sterile: soffriamo tutti e credo che molti uomini si possano riconoscere in molte dinamiche raccontate in queste storie. Spesso leggo dibattiti sulla necessità di dare più spazio e di leggere più autrici femminili, io credo che la risposta sia tutta in queste due raccolte.

Infine, è molto interessante notare il numero di scrittrici irlandesi che abbiano avuto la possibilità di sviluppare il proprio talento di scrittrice e mi chiedo se una operazione del genere si possa fare anche con scrittrici italiane e fare un’antologia in grado di ricoprire due secoli. Credo che una delle cose che renda posti come Dublino più culturalmente in fermento è l’esistenza di importanti università che riescono a catalizzare le energie creative. La presenza del Trinity College fondato a Dublino nel 1592 ha permesso di diffondere nella città idee nuove, di sviluppare lo spirito critico, di diffondere la cultura. E la stessa Edgeworth era figlia di un uomo di cultura che la invitava a coltivare le sue doti di scrittrice. Negli ultimi anni di vita del padre curarono insieme addirittura un trattato da presentare al governo sull’educazione scolastica nazionale. Qualunque famoso autore dublinese come Joyce, Stoker, Le Fanu o Wilde intreccia la propria vita con il Trinity College. Il segreto è sempre lo stesso da secoli: alzare il livello culturale della società promuove sempre la crescita dei talenti e la circolazione delle idee. E non sono proprio le università i luoghi di eccellenza a ricoprire questo ruolo?


[1] «Lei, lei, lei. Lei cosa? La vergine alla vetrina di Hodges Figgis lunedì, alla ricerca dei libri alfabetici che avresti scritto».

[2] The Glass Shore: Short Stories by Women Writers from the North of Ireland, Edited by Sinéad Gleeson, New Island Books, 2016. L’antologia non è stata tradotta in italiano.