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I racconti e le domande che ci facciamo

Il BBC National Short Story Award è un concorso dedicato interamente alla forma del racconto breve ed è organizzato ogni anno dalla BBC insieme alla Cambridge University. La giuria legge i racconti senza conoscere il nome o il genere dell’autore e il vincitore si aggiudica un premio sostanzioso di 15mila sterline. Per chiunque conosca l’inglese, quindi, si tratta di un’occasione preziosa anche perché i cinque racconti finalisti vengono letti nel corso di una trasmissione speciale della BBC e successivamente pubblicati in volume.

La giuria, che quest’anno è presieduta da Nikki Bedi and Katie Thistleton, entrambe molto famose in ambito culturale, in radio e in tv, è composta da un gruppo di artisti e scrittori pluripremiati tra cui Daisy Johnson, scrittrice di racconti brevi che nonostante la giovane età è già stata selezionata per il Man Booker Prize. 

Tra le autrici che avevano attirato la mia attenzione negli anni scorsi c’è la londinese K J Orr che aveva vinto nel 2016 con il racconto Disappearances dopo essersi già fatta notare per altri racconti pubblicati su riviste come la Dublin Review e il Sunday Times Magazine. Disappearances è contenuto in Light Box,1  raccolta che esplora il disorientamento causato da eventi fuori dall’ordinario attraverso lo scavo nelle emozioni più recondite dei personaggi. Le storie sono ambientate tra Siberia, Papua Nuova Guinea e Londra e il filo che le unisce sta nel modo in cui i personaggi reagiscono agli eventi, cambiano prospettiva e prendono strade che in altre circostanze non avrebbero mai considerato. 

È ciò che succede anche in Disappereances, in cui una cameriera crede erroneamente che un suo cliente, un medico chirurgo appena andato in pensione, abbia speso la sua carriera a salvare vite. Il chirurgo, in realtà, non è un benefattore, ma invece di rivelarle che ha lavorato in una clinica per ricchi approfitta del malinteso per crearsi una nuova identità e fuggire così alla noia della sua vita da pensionato.

Anche la coppia protagonista di By the Canal mostra come eventi inaspettati possano portarci a compiere scelte impensabili. Durante una passeggiata in un parco i due vedono un cane in fin di vita e il ragazzo decide di sopprimerlo per porre fine alle sue sofferenze. La scelta però avrà come conseguenza la fine della storia. Dopo quella passeggiata, lei non lo guarderà più con gli stessi occhi e non si sentirà più in grado di tornare alla vita di prima.  

Il senso di disorientamento si ritrova anche in The Human Circadian Pacemaker in cui un astronauta appena tornato da una missione spaziale utilizza una light box (da qui il titolo della raccolta) per riabituarsi al ciclo della luce terrestre. Il senso di smarrimento in questo racconto è vissuto soprattutto dalla moglie dell’astronauta, che deve fare i conti con un compagno cambiato e con una situazione incompatibile con un ritorno veloce alla loro routine di coppia.

In Still Life, invece, l’autrice indaga le emozioni di un padre che vede la figlia spegnersi ogni giorno a causa della depressione. Un’altra indagine di un rapporto di coppia.

Non c’è effettivamente un tema unico che lega i racconti, ma solo eventi più o meno inaspettati che cambiano la prospettiva dalla quale i personaggi guardano se stessi e il mondo. L’autrice riesce a catturare questi momenti raccontando con eleganza e semplicità sentimenti come rabbia, invidia e gelosia, mostrando la vita interiore dei personaggi e ciò che succede oltre la superficie dei fatti.

Le domande a cui si cerca di rispondere sono riportate in uno dei racconti:

What do you do when you stop? When you have been up and running for such a long time, what is it you do? When you’re used to a schedule that takes care of each second of the day? When there is no goal?

In alcune di queste storie ci si immedesima con il protagonista, ma anche quando questo non avviene e si è solo osservatori l’autrice ci aiuta a scoprire alcune dinamiche nei rapporti con gli altri che spesso ci sfuggono e vanno oltre ciò che si percepisce.

L’invito implicito è quello di coltivare relazioni attive con gli altri e non credere che le cose saranno immutabili. Attraverso questi racconti K J Orr mette allo scoperto i bias che caratterizzano le nostre interazioni con gli altri, cioè le inclinazioni personali in base alle quali tendiamo a valutare le cose, le situazioni e le persone. I giudizi non necessariamente fondati sulla realtà che ci guidano nel mondo.

Questi racconti, insomma, fanno quella cosa che dovrebbero fare tutti i buoni libri: spingere a porci domande e a mettere in discussione noi stessi.