Domande da un futuro possibile
Capita anche a voi di ritrovarvi senza sapere cosa leggere e cercare ispirazione nelle liste di consigli su internet? Un po’ di tempo fa mi succedeva, e mi sono imbattuto in quella dei suggerimenti per l’estate di Barack Obama, ricca di spunti interessanti. La lista dei libri consigliati dall’ex presidente U.S.A. è un appuntamento fisso per gli appassionati, ed è figlia di una cultura in cui i personaggi di spicco (non solo politici, penso anche a numerosi esponenti del mondo del tech ad esempio) ci tengono a condividere col mondo le proprie abitudini in fatto di lettura. Ho sempre trovato molto stimolante sbirciare un po’ alle letture d’oltreoceano, anche solo per uscire dalla bolla letteraria nostrana dove tutti gli influencer, o i presunti tali, tendono a proporre libri del momento che sono più o meno sempre gli stessi. Taccio per pudore ogni riferimento ai volti noti di casa nostra e a come scelgono di condividere le proprie letture.

Chiudo quest’ampia parentesi e torno alla lista, etra tutte le voci dell’elenco Respiro di Ted Chiang ha immediatamente catturato la mia attenzione: racconti, fantascienza e distopia, in un cocktail sci-fi che mi è parso da subito particolarmente gustoso. Inutile dire che se sono qui a scriverne significa che la lettura non solo ha soddisfatto, ma addirittura superato le aspettative.
Respiro è edito in Italia da Frassinelli, ed è uscito lo scorso giugno. Si può inserire a pieno titolo in quel filone di letteratura fantascientifica di qualità che nell’ultimo periodo sembra particolarmente in buona salute. Penso ad esempio a Kentuki di Samanta Schweblin o Macchine come me di Ian McEwan, romanzi usciti di recente e che hanno fatto parlare parecchio di sé (nella famosa bolla, citata poc’anzi, sembrava che tutti stessero leggendo solo quelli ad un certo punto).
Se la letteratura fantascientifica sta tornando particolarmente in auge è anche dovuto ai tempi che stiamo vivendo: se siamo ancora parecchio lontani dalle macchine volanti e dal teletrasporto infatti, molte tecnologie che fino a ieri erano plausibili solo nei racconti delle riviste specializzate oggi sono una realtà. Tanti sono gli interrogativi che siamo chiamati a porci, e nei prossimi anni non credo diminuiranno: dilemmi etici e morali, ragionamenti su come dovrà necessariamente evolversi la struttura delle nostre società fino ad arrivare a mettere in discussione il concetto stesso di cosa definisca un essere umano.
Aldous Huxley, padre nobile del genere distopico, scrive nella prefazione del 1946 al suo Mondo Nuovo: «Qualunque siano le sue qualità artistiche o filosofiche, un libro sul futuro ci può interessare solo se si ha l’impressione che le sue profezie possano plausibilmente avverarsi»1. Mai come oggi questa affermazione risulta veritiera, ogni giorno leggiamo di nuovi progressi tecnologici, e ormai non si tratta più di scoperte che seppur interessanti rimangono confinate nel mondo della teoria e dei laboratori degli scienziati, stiamo parlando di fatti e tecnologie che influiscono sulla nostra vita di tutti i giorni in maniera sempre più preponderante.

Tra gli aspetti al centro della discussione c’è quello dell’intelligenza artificiale, e del suo costante evolversi (è notizia di qualche giorno fa che un’intelligenza artificiale è arrivata, tutta da sola, alla conclusione che è la terra a girare attorno al sole e non il contrario. Non male se pensiamo a quanto ci abbiano messo i nostri antenati a raggiungere lo stesso risultato).
Ted Chiang dedica al tema uno dei racconti più belli della raccolta: Il ciclo di vita degli oggetti-software. Nel racconto la protagonista è un’addestratrice di entità simili ad animali da compagnia (che l’autore chiama digienti) disponibili per gli utenti dei mondi online. La situazione prenderà una svolta improvvisa quando le entità potranno essere trasportate anche nel mondo reale, e successivamente quando considerazioni di carattere economico porteranno al progressivo abbandono delle piattaforme online in cui i digienti vivono. Il tema è molto dibattuto: fino a che punto un intelligenza artificiale può considerarsi una cosa e quando dovremo iniziare a pensare che sia invece qualcosa di più? È giusto che un’intelligenza evoluta, seppur artificialmente, non abbia dei diritti? E se sì, come inserirli nel quadro normativo? Come regolare il rapporto con gli esseri umani?
Nel racconto vengono sollevati tutti questi interrogativi e si prova anche a fornire qualche possibile risposta. A rendere eccezionale il racconto è la sua estrema plausibilità, a partire dal concetto di educazione, fornita ai digienti proprio come si farebbe con un bambino:
Le menti complesse non possono evolvere per loro conto. Se così fosse i bambini nati e cresciuti allo stato selvaggio sarebbero identici agli altri. Le menti non sono erbacce che crescono da sé senza che nessuno se ne prenda cura […] Perché possa anche solo avvicinarsi al suo pieno potenziale, una mente ha bisogno di essere educata da altre menti.
In questo ragionamento c’è racchiuso il concetto di evoluzione della specie umana: siamo tutti il prodotto dell’educazione che abbiamo ricevuto. La situazione nel racconto si complica quando entrano in gioco ulteriori fattori, come il rapporto tra digienti ed esseri umani, e quali esperienze, non ultime quelle di carattere sessuale, debbano essere considerate fondamentali per il pieno sviluppo di una personalità. La chiusura è con un finale aperto, che lascia spazio a diverse possibilità:
Immagina Jax farsi sempre più maturo nel corso degli anni, sia in Real Space che nel mondo reale. […] Lo immagina parte della subcultura digiente, una comunità provvista di denaro e capacità per trasferirsi autonomamente su nuove piattaforme ogni volta in cui ce ne sarà bisogno. Lo immagina pienamente accettato da una generazione di esseri umani cresciuti con i digienti, in grado di vederli come potenziali partner in un modo che ai membri della generazione di Ana non sarà mai possibile. Lo immagina amare ed essere amato, litigare e fare pace. Lo immagina compiere sacrifici, alcuni saranno duri e altri più facili, perché riguarderanno qualcuno a cui tiene davvero.
Un altro racconto della raccolta che tocca temi che ci sono molto vicini si intitola La verità del fatto, la verità della sensazione. Cosa faremmo se avessimo a disposizione in ogni momento una registrazione di ogni istante della nostra vita? Come cambierebbe il nostro rapporto con il mondo? Ted Chiang parte da questi interrogativi, per raccontarci del rapporto di un padre con sua figlia, rapporto fondato sulle molto radicate convinzioni paterne, ma che a un esame dei fatti si rivelano del tutto infondate. Può una vita intera essere costruita su un ricordo sbagliato? E voi che state leggendo siete effettivamente sicuri che i vostri ricordi corrispondano effettivamente al modo in cui le cose sono andate? Nel racconto, in parallelo alle le vicissitudini del protagonista sono raccontate quelle di un villaggio africano in cui la cultura orale è ancora il modo socialmente accettato di tramandare gli avvenimenti e nel quale ha maggior valore ciò che viene narrato rispetto a quanto che è veramente accaduto.
Le persone sono fatte di storie. I nostri ricordi non sono un ammasso indistinto di tutti i secondi che abbiamo vissuto, sono la narrazione che abbiamo elaborato selezionando determinati momenti e assemblandoli. Ed è per questo che, pur avendo attraversato momenti vissuti anche da altri, le narrazioni che abbiamo creato sono immancabilmente diverse: i criteri usati per selezionarle differiscono da una persona all’altra e sono un riflesso della nostra personalità.
Nei racconti di Ted Chang trova anche spazio la fantascienza dal sapore più tradizionale, ne è un esempio il racconto che dà il nome alla raccolta, in cui una civiltà aliena scopre, grazie a un esperimento che si rivela avere esiti tragici, la data della propria inevitabile fine. La forma del racconto è quella tradizionale di una lettera lasciata per i posteri, immaginati come esploratori di civiltà future alla scoperta delle passate vestigia di una civiltà ormai scomparsa. Oltre a riflessioni profonde e punte di lirismo apprezzabili quello che rende speciale il racconto è la sua capacità di far immedesimare il lettore nelle vicende del protagonista, sia attraverso studiate riflessioni sia attraverso agganci (mai palesi ma non difficili da cogliere) alla nostra quotidianità. Se non è vero infatti che sappiamo la data della fine della razza umana, indizi sempre più preoccupanti emergono ogni giorno all’orizzonte.
Alieni nei quali è facile riconoscersi sono anche i protagonisti del racconto Omphalos, figli di una civiltà in tutto e per tutto simile alla nostra, ma che ha le prove archeologiche e scientifiche dell’esistenza di Dio. Come in Respiro anche in questo caso una scoperta inaspettata saprà distruggere totalmente le certezze di tutti, e lascerà la protagonista con molti interrogativi, gli stessi che ci poniamo da secoli:
[…] Il nostro primo dovere è la ricerca della verità. “La scienza non è solo ricerca della verità”, ha replicato lui. “È anche la ricerca di uno scopo”. Non ho saputo ribattere. Ho sempre pensato alle due cose come a un tutt’uno indivisibile, ma se non fosse così? Adesso non so più cosa pensare. Mi fa solo paura immaginare che tu, Signore, in realtà non sia mai stato in ascolto.
I racconti di Ted Chiang sono speciali: come i migliori del genere fantascientifico descrivono con precisione mondi altri o futuri remoti, ma sanno sempre parlare al lettore di oggi facendo perno su tematiche e dubbi universali e che sempre accompagneranno l’essere umano nel corso della sua evoluzione. A differenza di molte distopie le storie raccontate in Respiro si chiudono tutte con una nota di positività mostrando come anche nei futuri più cupi possa trovare sempre spazio la luce della speranza speranza. E questo mi sembra un pensiero confortante per tutti i lettori del XXI secolo.