Racconti, perché no?

Colloquio immaginario tra la LettriceDeiDueMondi ed un SignorNo

Photo by Steve Halama

Non leggo racconti.
– E perché?
Sono troppo corti.
– Be’…è come se, entrando in una pasticceria, tu decidessi di passare oltre il banco dei mignon perché sono troppo piccoli, oppure, entrando al Museo di Brera, decidessi di non ammirare il “Cristo morto” del Mantegna… perché è troppo stretto!
Non è la stessa cosa. Diciamo che è un genere che non mi piace.
– Ma non è genere, è una forma, caro il mio Bastian Contrario. Il genere dipende dal contenuto e, ti assicuro, che ce n’è davvero per tutti i gusti: erotici, fantastici, assurdi, romantici, realistici, del terrore… insomma, basta scegliere. Pensa ai racconti del vecchio ‘Hank’ Bukowski, taccuini pieni di sesso e alcol senza veli, oppure, a quelli come “Il naso” di Gogol, dove un naso se ne va a spasso in giro per la città, indisturbato, e al lettore sembra normale. E poi, solo leggendo racconti potresti imbatterti in una ‘mancuspia’ di Cortázar o ritrovarti all’improvviso in una cantina di Buenos Aires a guardare tutto l’universo da un unico punto, l’Aleph di Borges!
È che non faccio in tempo a calarmi nella storia, che è già finita!
Ma questo è un pregio, caro SignorNo, non un difetto! Solo un racconto può farti provare la vertigine di un’estasi momentanea, quasi mistica, l’intensità dell’attimo fuggente o della «fugacità in una permanenza», come diceva Julio.
Iglesias?
– Ma no, Cortázar, scemo.
Spiegati meglio.
– Vedi, un buon racconto crea tensione. Una delle mie scrittrici (di racconti) preferite, la O’Connor, diceva che: «è il significato ciò che impedisce a un racconto di essere breve, pure nella sua brevità». In effetti, l’effetto collaterale di un buon racconto è proprio che non finisce dopo aver letto l’ultima riga, ma diventa come una goccia che scava nella roccia, comincia a scavare dentro di te, diventerà indimenticabile e ti terrà compagnia per il resto della tua vita. È quello che Borges chiama ‘l’al di là del racconto’.
Esagerata!
– Ti dico che leggere racconti aiuta a rimanere un po’ bambini, a mantenere quello sguardo stupito e attento che solo in tenera età ci viene spontaneo, perché si sa subito come va a finire – che di solito è la cosa che interessa di più al bimbo che ascolta la storia – ma ti offre anche la possibilità di immaginare, per conto tuo, come continua la trama, giocando all’infinito con quella voglia irrefrenabile di sapere cosa succede dopo, e ancora dopo, e dopo ancora, che si ha da piccoli. L’al di là del racconto, appunto.
Mah… io dico che la vita è troppo breve e che, forse, è meglio leggere prima i grandi autori, i grandi classici, i famosi cento libri imprescindibili…
– Certo… che poi cento non sono mai ma diventano migliaia e ti piglia lo sconforto, ahimè! In verità, quasi tutti i grandi autori si sono misurati con la forma del racconto, lasciando delle vere perle ai posteri che sono altrettanti classici imperdibili. Proprio perché la vita è breve, cosa c’è di meglio della brevità di un racconto? Ti faccio un esempio. Ne ho letto uno che inizia così: “Un tale ammazzò la moglie e ne fece salsicce.”. L’ha scritto Dürrenmatt, uno che di racconti se ne intende. Ecco, lui non ti fa perdere tempo con la storia di quella coppia in crisi, col perché lui sia arrivato al punto di ucciderla o perché la odiasse tanto, la uccide e basta, e la storia sembra finita. E invece no, dopo un paio di paginette scopri che la poveretta ha fatto una fine ancora peggiore, se possibile, e ti garantisco che per il resto dei tuoi giorni non guarderai mai più una salsiccia con gli stessi occhi!
Ah, ah, ah. Ma davvero?
– E già, i racconti vanno dritto al punto, senza perdite di tempo né descrizioni infinite o narrazioni complicate, ma non svelano mai tutto quel che ci sarebbe da svelare.
Non so, rimango dell’idea che leggendo racconti non si riesca mai ad affezionarsi ad un personaggio, non ne hai il tempo.
– Lo pensi davvero? Prova a leggerne qualcuno – qui ne troverai di tutti i tipi – e poi ne riparliamo. Un buon racconto riesce a far diventare te un personaggio della trama e quindi ti ci affezionerai per forza.
Ma vuoi mettere la compagnia che ti tiene un romanzo a confronto con quella di un racconto?
– È vero, un tempo anche io preferivo i romanzi, possibilmente lunghi, mi sembrava che mi facessero più compagnia: mi sono trasferita per anni a Macondo con Garcia Marquez, oppure a San Pietroburgo con Dostoevskij e a Bahia con Amado, ho vissuto nel Medioevo con la Undset, nell’Ottocento con la Austen e le sorelle Brontë, nel Tempo perduto e poi ritrovato di Proust, ma così come ci sono dei momenti in cui posso solo fare brevi passeggiate nel bosco e non lunghi viaggi oltreoceano, perché ho poco tempo a disposizione, mi piace sapere che in quel poco tempo posso anche leggere una storia breve, senza doverla interrompere a metà, e che questo avrà un effetto balsamico su di me. Io dico che un racconto al giorno è anche più terapeutico della famosa mela.
Non so se mi hai convinto ma ci rifletterò.
– È proprio questo quello che speravo, che tu dessi una possibilità alle storie brevi, magari di voci nuove. Ah, dimenticavo, la prossima volta parleremo di qualche racconto indimenticabile. Nos vemos pronto, amigo!

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Bibliografia delle citazioni
Julio Cortázar, “Del racconto breve e dintorni”, breve saggio in appendice a Bestiario, Einaudi, 2014.
Flannery O’Connor, “Scrivere racconti”, intervento contenuto in Nel territorio del Diavolo, Minimum Fax, 2003.
Alan Pauls, Il Fattore Borges, Sur, 2016.
Firedrich Durrenmatt, “La salsiccia”, ne Racconti, Feltrinelli, 1996.

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