Racconti da sciogliere

Per una qualche ragione storico-culturale siamo in genere portati a dividere il sapere umano in due macro-insiemi: quello scientifico e quello umanistico, e difficilmente li sovrapponiamo. Non solo, mi sento con una certa sicurezza di affermare che, spesso, arriviamo anche a dare per scontato che una persona ‘portata’ per i numeri risulti invece ‘negata’ per le lettere e viceversa. La verità, però, può essere ben diversa e ne sa qualcosa Lewis Carroll.

“HE REMAINS STEADFAST AND UNMOVED.”

Lewis Carroll altri non è che l’autore di Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie che però, col suo vero nome, Charles Lutwidge Dodgson, è conosciuto per essere stato un ottimo matematico (scrisse diversi volumi matematici e si occupò a lungo di geometria euclidea), nonché prete anglicano insegnante di matematica presso la Christ Church di Oxford. Non solo, Dodgson si è spesso dilettato nell’arte di mescolare i due saperi inserendo, per esempio, questioni logico-matematiche anche nelle storie di Alice, sebbene queste possano passare inosservate.

Ma quei riferimenti non devono essere stati sufficienti per saziare la sua anima pluridisciplinare e così, tra l’aprile del 1880 e il marzo del 1885, Carroll si dedicò alla pubblicazione, sulla rivista The Monthly Packet, di una serie di racconti esplicitamente matematici. Anzi, devo correggermi. Non si tratta di racconti ma di Nodi, come li chiamava l’autore. Nodi che bisognava sciogliere, in qualche modo. Questi Nodi vennero successivamente pubblicati in volume, con le illustrazioni di Arthur Frost e col titolo A tangled Tale, ovvero un racconto ingarbugliato.

Una piccola digressione. Il titolo risulta particolarmente interessante perché potrebbe richiamare il terzo capitolo delle avventure di Alice. Nel capitolo, infatti, a un certo punto compare una topo che dice di avere una “long and sad tale”, ovvero un racconto lungo e triste, ma la parola tale, che significa racconto, oralmente può essere scambiata per tail, che significa coda, e la cosa manda in confusione Alice che, a quel punto, non capisce come una coda possa essere triste. E quando il topo esclama “I had not”, Alice capisce che il topo ha un nodo, “I had knot”, alla coda e vuole aiutarlo a scioglierlo. Trovo questo curioso e non casuale.

Comunque sia, quali erano le intenzioni dietro la creazione di questi Nodi? Ce lo dice Carroll stesso nella prefazione del volume:

L’intenzione di chi scrive era quella di inserire in ogni Nodo (come la medicina così abilmente, ma inutilmente, nascosta nella marmellata della nostra infanzia) uno o più quesiti matematici (aritmetici, algebrici, geometrici, a seconda del caso) per il divertimento, e magari anche per istruzione, dei graziosi lettori della rivista.

Questi Nodi sono giunti fino a noi, lettori desiderosi di mettere alla prova le nostre capacità matematiche (le mie con scarsi risultati), e li possiamo trovare in italiano grazie alla Malcor D’ Edizione che li ha pubblicati col titolo 10 nodi da sciogliere.

Ma come sono, alla fine, questi Nodi?

Io partirei col dire che il libro non è una semplice raccolta antologica ma una vera e propria testimonianza della rubrica tenuta da Carroll. I dieci nodi da sciogliere sono infatti divisi in dieci ‘capitoli’ che contengono, ciascuno, il racconto, seguito dall’esposizione più ‘matematica’ del problema (o dei problemi) contenuto nella narrazione, lo svolgimento dello stesso, dove Carroll si diverte a rispondere ai tentativi dei propri lettori, e una classifica finale dei lettori.

Specifico questo perché credo sia sbagliato voler trovare diletto nella lettura delle singole storie senza considerare tutto il contorno. Sebbene alcuni racconti risultino godibilissimi anche di per sé, non tutti infatti riescono davvero a svincolarsi dal loro contenuto matematico e, presi singolarmente, rischiano di apparire meno interessanti.

Sia chiaro, gli elementi carrolliani ci sono tutti: i giochi di parole, come per esempio Matta Matica, una zia che ha il pallino delle sfide bizzarre. Il non sense di racconti come quello dove due viaggiatori arrivano nel regno Kgovjni e Sua Radiosità, per trattarli nel modo più convenevole, promette loro “la miglior prigione e pasti col miglior pane e acqua”. E poi quelle battutine un po’ sprezzanti già presenti nei suoi altri lavori, che a me han sempre fatto molto divertire, come in Appartamenti adatti, dove il signor Balbus e due ragazzi devono trovare una sistemazione ma senza particolare successo. A un certo punto, una signora dirà, dispiaciuta, che se potesse li accontenterebbe volentieri “ma noi siamo comuni mortali…” Al che, Balbus risponde con un gelido “Irrilevante!”.

“BALBUS WAS ASSISTING HIS MOTHER-IN-LAW TO CONVINCE THE DRAGON.”

Nel complesso, però, abbiamo racconti che non sempre riescono alla perfezione a causa del loro doversi piegare, per forza di cose, al nodo da sciogliere. Il dilemma matematico, quando posto, tende a rompere il flusso narrativo e quindi, se cercate dei racconti per passare qualche momento di relax, indubbiamente la raccolta non fa per voi.

Ma io ritengo che se si prende in considerazione l’insieme, la cosa diventi molto più interessante. Le risposte che l’autore da ai suoi lettori non sono certo risposte fredde, manualistiche. Sono anzi una narrazione dentro una narrazione: “Tra i nove che inviano una risposta esatta, Brezza Marina (nome con cui si firma uno dei lettori n.d.r.) è la più debole arietta di cui abbia mai portato il nome!”

Oppure: “L’unica risposta sbagliata è quella di Nell. Essere così ‘sola in mezzo alla folla’ è segno di distinzione: dolorosa, senza dubbio, ma sempre distinzione.”

Ma oltre a questo ci sono anche momenti più seri dove traspare il rigore e le capacità di Dodgson e noi possiamo solo metterci a ripetere le sue parole nel tentativo di renderle nostre. Momenti come quello in cui, risolvendo un quesito, spiega che: “Il metodo aritmetico è unicamente quello della ‘sintesi’, parte dall’obiettivo simbolicamente rappresentato e va così a ritroso trascinandosi la vittima velata, fino alla piena luce dei fatti, in modo da poter strappare via il velo e dire ‘ti conosco!’”

Non vi vien voglia di riprendere in mano i libri di aritmetica?

E, in fondo, non è questo che cerchiamo in un buon libro? Divertimento, spensieratezza, profondità, acume e conoscenze che ci mancano? Ecco, 10 nodi da sciogliere ha tutto questo e permette di avvicinarsi a una versione poco conosciuta dell’autore rendendocelo forse più simpatico, o più antipatico… sicuramente più ingarbugliato.

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