Una pasta al pomodoro, di notte

A volte un buon racconto è come un piatto di pasta al pomodoro: semplice, veloce, ma gratificante nel gusto e nei colori, che con poco sa accendere quel qualcosa nella testa, nella memoria, nel cuore. Nessuna ricetta stravagante, niente impiattamenti complicati, ma qualcosa che si conosce e che, forse proprio per questo, sa regalare il giusto godimento.

Foto di Alva Pratt su Unsplash

Questo accostamento letteral-culinario nasce dalla lettura delle storie che compongono La taverna di mezzanotte, una serie manga di Yaro Abe, pubblicata in Italia da Bao Publishing, che si concentra sulle vite che passano per una piccola taverna di Shinjuku, uno dei quartieri di Tokyo. Questo particolare ristorante apre solo di notte e il suo proprietario accetta di cucinare qualsiasi cosa gli venga chiesta dai suoi clienti, purché disponga dei giusti ingredienti. La stravaganza di questa gestione e dell’orario di apertura porta a entrare nel locale una lunga serie di personaggi piuttosto particolari che, partendo da delle scelte culinarie, finiscono col diventare il centro di ogni racconto.

Il cibo in letteratura, non è una novità, ha spesso assunto ruoli catalizzanti. Partendo dalla madeleine di Proust, che dava il via ai ricordi del protagonista, per arrivare al cioccolato di Joanne Harris che ridava vita e colore a un intero paesino, la cucina aiuta la storia a trovare un suo modo di proseguire, così come aiuta noi a renderci più partecipi. Quando si descrive la cucina, anche il lettore sente gli odori, i gusti, attiva i ricordi e le sensazioni.

Tutto questo succede anche in questa serie a fumetti che è, a tutti gli effetti, una lunga (e ancora in corso) raccolta di racconti. Ogni episodio è infatti autoconclusivo, sebbene alcuni personaggi possano ritornare incatenando così le storie tra di loro.

Si parte con la richiesta di un piatto, spesso anche molto semplice (nel primo episodio ci sono, per esempio, i wurstel) e poi il racconto prende il largo e si inizia a conoscere quel particolare avventore, cosa fa, com’è, le sue abitudini… finché non c’è qualcosa, un impiccio grande o piccolo, psicologico o concreto, da risolvere.

La bellezza di questi racconti sta nella bellezza del piatto di pasta al pomodoro.

Sono sempre storie molto delicate, anche quando i contenuti non lo sono del tutto il racconto sa essere lieve. Sia la narrazione che il tratto grafico sono semplici, privi di orpelli, ma efficaci e diretti. La brevità della vicenda, unita alla semplicità del piatto e a una conclusione generalmente positiva donano quel senso di serenità e appagamento tipici della cucina gustosa ma semplice, casalinga. Quel comfort food che ti fai nel momento “no”. Sai da principio che mangerai qualcosa di ben fatto. Non ti aspetti strane avventure o sapori speziati, hai più che altro il senso di una certezza che sta per riprendere vita.

Sono piccoli momenti da prendere e godersi con calma. Non è una lettura da fare tutta d’un fiato, ma piuttosto un pasto alla volta. Si prende un volume e si legge una storia quando si ha quel certo languorino, quando si ha voglia di un racconto che sia declinato in maniera personale ma allo stesso tempo dal carattere universale. Perché poi è questo che sono queste tavole: racconti di persone smarrite che si ritrovano, che scoprono delle cose a cui non avevano pensato, che sparano buoni propositi per poi tornare sui propri passi, che si scannano sul modo corretto di cucinare un piatto salvo poi fare pace, e quindi c’è lo studente fuori corso e il gestore del gay bar, il malvivente e la cantante famosa… La vita che fa visita alla Taverna di Mezzanotte è la vita che ci fa visita ogni giorno.

Non manca l’ironia, la spezia segreta di questo piatto. Nasce dai contrasti nei personaggi che si palesano davanti al proprietario della taverna, ma anche dallo sguardo di quest’ultimo e del lettore stesso, che non può fare a meno di sorridere mentre li osserva destreggiarsi nel loro mondo.

Esiste anche una serie tv che da questo manga è stata tratta. La potete trovare su Netflix col titolo Midnight Diner: Tokyo Stories. Personalmente non l’ho ancora vista. So che si è presa alcune piccole libertà ma sembra comunque estremamente gradevole. Magari bisogna assaggiare entrambe perché, come ci insegnano i personaggi di queste storie giapponesi, per decretare la versione migliore di un piatto bisogna assaggiarle tutte.

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