Gogol’, Dostoevskij e Tolstoj. Tre racconti, tre matti

Ma lo sapete che a Parigi si sono già fatti degli esperimenti seri riguardo alla possibilità di guarire i malati unicamente con la persuasione logica? (…) la pazzia è, per così dire, un errore logico, un errore di giudizio, un modo errato di vedere le cose 1.

Gogol’, Dostoevskij e Tolstoj. paolo nori tre matti

Foto di Vinicius Amano su Unsplash

Qualche mese fa, curiosando tra uno stand e l’altro, durante una fiera dedicata al libro, la mia attenzione è stata catturata da una raccolta di tre racconti curata da Paolo Nori, forse perché gli autori sono tre grandi firme della letteratura universale – Gogol’, Dostoevskij e Tolstoj -, o forse perché gli scrittori russi dell’Ottocento mi hanno sempre appassionata; fatto sta che anche il titolo della raccolta mi aveva colpito: Tre matti.2

Ad incuriosirmi però non è stato solo l’apparente filo conduttore che lega queste tre storie brevi (la follia), bensì la possibilità che mi veniva offerta di metterle a confronto, per provare, a fine lettura, a coglierne le differenze di stile, struttura, ambientazione e caratterizzazione dei personaggi. Per inciso dirò che, con le dovute differenze, questo tipo di confronto spesso si presenta anche nella nostra redazione, soprattutto quando arrivano gli inediti di autori che sono per lo più esordienti e che propongono i grandi temi universali (l’amore, la morte, l’amicizia, la malattia, la crisi di coppia, il malessere adolescenziale, ecc.), temi  su cui è già stato detto e scritto tanto, quasi tutto, ed è molto difficile esprimere una voce nuova, avendo uno sguardo originale; infatti, solo ciò potrebbero fare la differenza poiché il tema scelto non è sufficiente a rendere, di per sé, buono un racconto.

Tornando alla raccolta, due su tre di questi racconti li conoscevo già avendoli letti anni fa ma, come direbbe Nabokov, un buon lettore è soprattutto un rilettore, e quindi li ho riletti insieme a quello dei tre che non conoscevo. Sia quello di Gogol’ che quello di Tolstoj si intitolano Memorie di un pazzo, mentre il titolo scelto da Dostoevskij è Il sogno di un uomo ridicolo, tutti e tre pubblicati nell’arco di cinquant’anni, tra il 1835 e il 1885.

Sono stati scritti usando la tecnica narrativa della prima persona, nonostante non ci sia niente di più difficile da immaginare: un pazzo, o presunto tale, che si racconti con lucidità. Quanto alla forma, sia Gogol’ che Tolstoj adotteranno quella del diario, mentre Dostoevskij opterà per un racconto onirico (o fantastico, come recita il sottotitolo del suo stesso racconto).

Quanto all’ambientazione, Gogol’ che sceglie come protagonista un burocrate, confuso e attratto dalla figlia del suo direttore, si muove tra cancellerie, strade di Mosca e varie dimore; Dostoevskij ci propone, invece, la lunga notte di un aspirante suicida nella sua stanza in affitto; Tolstoj, infine, un uomo in viaggio per affari.

Ma è la caratterizzazione dei personaggi a segnare maggiormente le differenze. Il vero matto è solo quello nato dalla penna di Gogol’, il quale ci propone la progressiva discesa verso un’irreversibile follia di un uomo innamorato e non corrisposto. L’uomo ridicolo di Dostoevskij invece, oggi lo definiremmo un depresso, privo di ogni ragione di vita ma non propriamente folle. Quanto a Tolstoj, in realtà ha scritto un racconto che per molti è rimasto incompiuto, peraltro autobiografico, in cui descrive quelli che oggi definiremmo attacchi di panico, crisi che lo guideranno verso un’improvvisa illuminazione che sfocerà in una nuova visione della vita. Tutti e tre i protagonisti fungono da filtro e veicolano una verità. Lo stile di Gogol’ è brillante e ironico, caratteristiche che si colgono perfino nel dettaglio delle date che segnano le pagine del suo diario, quando la follia comincia a far capolino: da un 8 dicembre si passa all’anno 2000, mese di aprile, giorno 43, poi ad un martrobre, giorno 86 tra l’uscio e l’assa e ad un gennaio dello stesso anno, che è venuto dopo febbraio; il protagonista, che non si arrende di fronte alla realtà di un amore non ricambiato e di un impiego opprimente, si convince un po’ per volta di essere il Re di Spagna, e prova addirittura a convincerne anche il lettore, suggerendogli che sono gli altri a sbagliare sul suo conto e non lui ad aver perduto il senno:

La giornata odierna è una giornata di enorme trionfo! In Spagna c’è un re. È stato trovato. Questo re sono io. L’ho saputo io stesso solo oggi. Confesso che è stato come se un fulmine mi illuminasse d’un tratto. Non capisco come è stato possibile che io pensassi e mi immaginassi di essere un consigliere titolare. 3.

Dostoevskij, invece, immagina un uomo ridicolo, inteso come insignificante, privo di nerbo e indifferente a tutto, uno a cui non frega niente di nulla e di nessuno, che d’un tratto scopre la verità di se stesso: dirigendosi verso casa, per spararsi un colpo di pistola e farla finita, incontra casualmente una bambina, smarrita, piangente e infreddolita, che lo supplica di aiutarla ma che lui ignorerà perché del tutto inutile, salvo più tardi accorgersi di provare compassione:

Continuavo a pensarci. Era chiaro che se ero ancora un uomo e non uno zero, fino a quando non fossi stato uno zero, sarei stato vivo, e, di conseguenza, avrei potuto soffrire, arrabbiarmi, e avere vergogna per le mie azioni. Sia pure, Ma se avevo deciso di uccidermi, faccio per dire, due ore dopo, cosa me ne poteva fregare della ragazzina e della vergogna e di qualsiasi altra cosa al mondo? (…) Una volta che hai conosciuto la verità e l’hai vista, dopo sai che quella è la verità e che un’altra non c’è e non può esserci, che tu dorma o che tu viva. 4

Per Tolstoj, nemico del protagonista è la paura, una paura incontrollata, paura della morte, e ciò provocherà in lui un paio di attacchi di panico, disturbo che verrà superato solo quando un’illuminazione di matrice religiosa cambierà il suo modo di vedere le cose e di vivere la vita, offrendo i suoi beni agli altri:

“Ma che sciocchezza è questa” mi ero detto “cos’è che mi angoscia, di cosa ho paura?” “Di me” mi aveva risposto pianissimo la voce della morte. “Sono qui”. Mi si era accapponata la pelle. (…) Tutto il mio essere sentiva il bisogno, il diritto alla vita, e, contemporaneamente, l’arrivo della morte. E questo strappo interiore era orribile. 5.

Non bastano certo questi tre racconti a farci cogliere le differenze tra questi autori, ma offrono comunque degli spunti interessanti, sono dei modelli.

Piccola nota a margine. Nella loro vita reale, questi tre scrittori sono stati, a loro volta, protagonisti di uno o più momenti di scarsa lucidità: Gogol quando, in preda ad una crisi religiosa e nervosa, buttò nella stufa di casa la seconda parte del manoscritto di Anime morte, romanzo che proprio per questo motivo è rimasto incompiuto; Dostoevskij, perdendo tutto ciò che poteva perdere al gioco, scampando alla forca per un soffio ed esplorando, attraverso le sue opere, il sottosuolo umano e la sua natura doppia, sempre in bilico tra il bene e il male; Tolstoj, aristocratico e possidente, lasciando precise disposizioni testamentarie, giudicate folli – e forse non a torto – da sua moglie e non solo, con cui donava  tutte le sue terre ai contadini e rinunciava ai diritti di tutte le sue opere in favore dell’interesse pubblico.

Ma esiste davvero la follia? A voi la risposta. Noi concluderemo citando Steve Jobs, il quale avrebbe risposto senz’altro di no:

«Il vostro tempo è limitato, quindi non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Siate affamati, siate folli, perché solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo lo cambiano davvero.» 6.

  1. p. 504, Delitto e castigo di F. Dostoevskij, ediz. Einaudi
  2. Tre matti, Gogol’, Dostoevskij e Tolstoj, a cura di Paolo Nori, ediz. Marcos y Marcos
  3. ibidem, p. 55
  4. ibidem, p. 85-89
  5. ibidem, p. 137-138
  6. Dal suo discorso pronunciato nel 2005 davanti agli studenti dell’Università di Stanford: «Your time is limited, so don’t waste it living someone else’s life. Stay hungry, stay foolish, because only those who are crazy enough to think they can change the world they really change it.»
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