
Photo by John Simitopoulos on Unsplash
Vite di uomini non illustri di Giuseppe Pontiggia è una raccolta di diciotto brevi biografie organizzate secondo il modello delle Vite di autori classici come Cornelio Nepote e Plutarco. Tuttavia, mentre le biografie di Cornelio Nepote e Plutarco trattano le vite di uomini che hanno avuto un ruolo nella Storia, le biografie di Giuseppe Pontiggia trattano le vite di personaggi immaginari, che hanno la caratteristica di essere delle persone comuni, non illustri, come recita il titolo.
Tre piccoli momenti
Ogni racconto di Vite di uomini non illustri si apre con cognome e nome del personaggio e si sviluppa secondo uno schema preciso: nascita, giovinezza, amore, lavoro, decadenza e morte di ciascuno di essi. Dei diciotto racconti, otto riguardano la generazione nata negli anni Novanta dell’Ottocento (la generazione che Giuseppe Pontiggia ha definito dei padri), nove invece riguardano la generazione dei figli: quella degli anni Trenta del Novecento e coetanea dello scrittore. Un racconto fa eccezione: Una goccia nell’oceano divino, e ha come protagonista una donna nata nel 1949 1. Altra caratteristica comune a tutta la raccolta, è che ogni racconto è introdotto da una breve citazione che si offre come chiave d’interpretazione di ogni singola biografia.
Realizzato questo quadro generale dei racconti, ora dovrei addentrarmi almeno in alcuni di essi. Tuttavia, trattandosi di biografie, mi sono reso conto che il racconto parziale risulta impossibile; allo stesso tempo il racconto totale di ogni episodio non rende giustizia alla qualità della prosa di Giuseppe Pontiggia e alle sue scelte stilistiche.
Così, in alternativa, ho deciso di mostrarvi tre piccoli momenti, tre dettagli (sapete quanto mi piacciono i dettagli) che mi hanno fatto innamorare di questo libro (e che possono essere anche degli spunti utili per chi scrive racconti).
Momento #1: rinascita
Poco fa ho scritto che i racconti di questa raccolta seguono lo schema: nascita, giovinezza, amore, lavoro, decadenza e morte. Tuttavia, almeno in due casi, il racconto esordisce con una “rinascita” del personaggio.
Il primo racconto, intitolato Viaggio alle sorgenti del Nilo, si apre con una simulazione di una nascita. Il protagonista, Vitali Antonio, è nato con un parto podalico e per tutta la vita ha subito, da parte della madre, il racconto dei dolori che le ha fatto provare durante il parto. Questo fatto, mai risolto nella vita del personaggio, sembra averlo condotto a un’incapacità di prendere per mano la propria vita. Vitali Antonio sente che ha sempre sopravvissuto e solo dopo la simulazione del suo parto (simulazione condotta con metodi poco ortodossi, in una vasca da bagno, in compagnia dell’amante) prende delle decisioni che lui ritiene importanti per cominciare a vivere. Una di queste decisioni è dare le dimissioni dal suo lavoro a sette anni dalla pensione:
«“Mi sento rinascere” dice il 7 maggio 1985 al commendator Mambriani, l’ufficio in penombra, nel tardo pomeriggio in cui viene convocato per spiegare le dimissioni. “Non so se è la causa o l’effetto della mia decisione”.
“Ma non pensa al futuro?” gli chiede, austero e grave il commendator Mambriani, immobile nella poltrona come un monarca assiro.
“Pensare al futuro è sempre stato il mio modo di punirmi. Ora basta” risponde» 2.
La scena è molto semplice: Vitali, impiegato stimato, viene convocato in ufficio dal suo titolare. Si avverte l’intenzione da parte del commendatore di far ravvedere il suo dipendente. Ma il signor Vitali che sta rinascendo, come afferma in uno slancio di estrema sincerità, non accetta le domande del suo capo e pertanto risponde: «Pensare al futuro è sempre stato il mio modo di punirmi. Ora basta». Un punto di vista interessante, che va al di là della biografia del signor Vitali e tocca la biografia di ciascuno di noi: quante volte abbiamo guardato al futuro con inquietudine? Quante volte il peso del futuro pare frustrare la libertà delle nostre scelte?
Momento #2: data storica
Una biografia è anche una somma di date. Certo, la maggior parte delle date importantissime per una singola persona non lo sono a livello storico, globale. Altre volte, però, una data storica coincide con un piccolo evento importantissimo nella vita di una persona. Cosa prevale, allora, nella memoria? E quale evento, poi, ha maggior peso nella vita di ciascun individuo?
È il caso della signora Prinzhofer Nena, che scopre di essere stata tradita dal marito lo stesso giorno dell’entrata in guerra dell’Italia nella seconda guerra mondiale.
«Il 10 giugno del 1940, mentre ascoltano alla radio la proclamazione dell’entrata in guerra, lei scopre un capello lungo sulla sua giacca. Non gli pone domande ma, appena se la toglie, lo occulta in un astuccio per le unghie. Tre giorni dopo, in un viaggio a Roma, lo porta per l’analisi in un centro tricologico. La risposta è precisa sul sesso (femminile), ma reticente sull’età (indeterminabile), anche se viene esclusa la vecchiaia»3.
La cosa interessante, da qui in poi, è che Giuseppe Pontiggia costruisce due inquietudini parallele che affliggono la vita di Prinzhofer Nena. La prima, naturalmente, è quella data dalla guerra. La signora Prinzhofer è nata in Svizzera e pertanto, temendo che la villa di Bolsena in cui vive possa essere vittima di qualche attacco armato o rappresaglia, fa incidere sulla targa dorata dell’ingresso: “cittadina svizzera”. Altra precauzione: fa appendere nell’anticamera un ingrandimento del certificato di cittadinanza. Ma non sarà questa inquietudine data dagli eventi storici a travolgerla. Infatti: «È convinta, al termine della guerra, che questo abbia distolto prima gli ufficiali tedeschi, poi quelli anglo-americani dal requisire la villa»4.
La signora Prinzhofer sarà travolta dall’inquietudine maturata dalla scoperta del capello sulla giacca del marito. Sarà quel dettaglio, scoperto proprio mentre la Storia con la esse maiuscola entrava in casa sua come una voce alla radio, a condurla a una progressiva perdita di lucidità, alla follia.
Momento #3: il ricordo immaginario
«Questa scena, che segue di pochi mesi la sua nascita, gli verrà raccontata ripetutamente nei primi anni, soprattutto dalla zia, che alzerà ogni volta il dito e la voce, ribadendo la condanna. Lui, uscendo sul pianerottolo e abbracciando la ringhiera, finirà per vedere in fondo alle scale suo padre che si avvia all’uscita. E questo ricordo immaginario sarà il più tenace e terribile della sua infanzia»5.
Questo è un estratto dal racconto La perfezione. È la biografia immaginaria di Venturini Ezio, il cui padre, alcolista irascibile e violento, oltre che adultero, sarà cacciato di casa dalla cognata quando Ezio ha solo pochi mesi. Questo evento, che entra a far parte della storia familiare, finisce per generare un ricordo immaginario nella mente del bambino, ricordo che ne influenzerà il resto della vita. Come per il protagonista di Viaggio alle sorgenti del Nilo, anche Venturini Ezio subisce il peso di una vita che pare avere dei binari ben delineati da altri. Cresciuto in una famiglia fortemente matriarcale, Venturini Ezio si convince che solo le scelte suggerite dalla madre e dalla zia siano quelle giuste per lui. Del resto sono le donne della sua famiglia ad averlo protetto fin dall’infanzia, tenendolo lontano da un padre disgraziato. Venturini giunge perfino a lasciare la donna che ama per sposarne una che non ama, solo per non fare un torto alla sua famiglia. È una scelta che naturalmente lo renderà infelice e provocherà in lui perfino la perdita dei capelli.
Anche qui, nell’apparente semplicità della storia, si nasconde una scelta stilistica a mio parere molto interessante. Giuseppe Pontiggia avrebbe potuto costruire il racconto su un trauma realmente vissuto dal protagonista. Invece sceglie di costruire la stessa storia su un racconto ossessivo che diviene infine un immagine concreta. La differenza è sottile, ma importante per il “destino” del protagonista che si ritrova a essere vittima non tanto dell’abbandono del padre, quanto dell’oppressiva protezione operata dalle figure femminili della sua famiglia.
I momenti di cui vi ho parlato sono solo tre esempi. Sono piccole crepe sulla superficie della biografia, crepe che conducono dalla superficie della cronaca dei fatti, dei luoghi e delle date alla profondità degli animi di questi uomini e donne “non illustri”. Quello che ha fatto Giuseppe Pontiggia, con questa raccolta di racconti, è trasformare la freddezza dell’elemento biografico in quel calore, forse sempre un po’ imperfetto e contraddittorio, che è l’autentica narrazione della condizione umana.
- da cui Mario Monicelli trae ispirazione per il film Facciamo Paradiso del 1995
- Giuseppe Pontiggia, “Viaggio alle sorgenti del Nilo” in Vite di uomini non illustri, Mondadori, 1993 (Pagg. 16-17)
- Giuseppe Pontiggia, “La villa di Bolsena” in Vite di uomini non illustri, Mondadori, 1993 (Pag. 112)
- Giuseppe Pontiggia, “La villa di Bolsena” in Vite di uomini non illustri, Mondadori, 1993 (Pag. 113)
- Giuseppe Pontiggia, “La perfezione” in Vite di uomini non illustri, Mondadori, 1993 (Pagg. 153-154)