Ewald Tragy, alter ego di Rainer Maria Rilke

Avevo bisogno di un pretesto per rileggere Rilke e la Piccola Biblioteca dell’Adelphi me l’ha fornito. Per chi non la conoscesse, si tratta di una collana che si compone di perle letterarie spesso sconosciute, e che altrettanto spesso offrono una prospettiva nuova o diversa su un autore che crediamo di conoscere. Ewald Tragy, scritto da un Rilke poco più che ventenne, è uno dei suoi rari testi classificati come racconto e fa parte di quella collana.

Rainer Maria Rilke ritratto da Leonid Pasternak
Rainer Maria Rilke ritratto da Leonid Pasternak

L’autore è senz’altro noto più per le sue poesie che per la sua prosa ma questo racconto dal contenuto fortemente autobiografico ci offre un ritratto insolito dello stesso Rilke, ironico e deciso, imbarazzato ma pronto ad affrontare la sfida che lo attende: la vita. Il protagonista (Tragy) è l’alter ego del giovane poeta ed è probabilmente per questa ragione, o per un certo senso del pudore tipico dell’epoca, che questo racconto fu pubblicato solo dopo la sua morte, in un’edizione privata del 1927.

Come Rilke, anche il suo personaggio rifiuta di seguire le orme paterne che lo avrebbero portato a diventare un militare di carriera, e decide di trasferirsi a Monaco di Baviera – città di lingua tedesca – per frequentare l’università e scoprire la sua vera vocazione.  Era forse un poeta? Tragy/Rilke risponde così:

Non lo so. E una volta bisogna pure saperlo, no? È così o così. Qui (n.d.r. a Praga) non si arriva a vederci chiaro. Non si può prendere distanza da se stessi, mancano calma, spazio, prospettiva.

 aggiungendo qualche riga dopo:

«Che dire? Solo poeta? È ridicolo. Anche se fosse possibile… non è una posizione. Non rende niente, non fai parte di una classe elevata, non hai diritto a pensione, insomma non hai nessun rapporto con la vita.» 1.

Già… nessun rapporto con la vita. Ma è davvero così per chi vive o si nutre di poesia? Keats non sarebbe stato d’accordo visto che per lui fare Poesia, dopo il fare il bene, era la cosa più importante al mondo.
Rilke, praghese di lingua tedesca, appartiene a quel gruppo di autori del primo Novecento composto anche da Kafka, J. Roth, Musil, Walser e altri, che prova a fuggire via dalla propria casa e dalla propria città, amata e odiata al tempo stesso, per spezzare lisolamento linguistico, etnico, culturale in cui vivevano.

Il racconto si apre con il giovane Tragy che, insieme al padre, si sta recando dalla zia Carolina per il consueto pranzo domenicale, ma questa volta è profondamente turbato perché sa che quella sarà la sua ultima domenica, che dovrà salutare tutti i suoi parenti e dovrà informarli della sua decisione di andare a studiare a Monaco, lontano da casa, sapendo che non avrà la loro approvazione.

Una volta trasferitosi lì, inizia l’estenuante ricerca di una stanza in affitto che ci rimanda alle migliaia di ragazzi e ragazze, studenti e non, che ogni anno rivivono più o meno la stessa scena in ogni angolo del mondo, cosmopoliti fuori e provinciali dentro, ma che a differenza di Ewald non sono necessariamente in fuga o in cerca di una propria identità o di una vita interiore da esprimere, forse hanno solo il desiderio di cambiare aria.

Per Tragy/Rilke, invece:

«La vita è così grande e dentro ci sono così poche cose, sempre le stesse, una ogni eternità. Questi trapassi impauriscono e stancano. Una volta, da bambino, andai in Italia. Non ne so molto. Ma laggiù, quando in campagna si chiede a un contadino: «Quant’è lontano il paese?». «Una mezz’ora» dice quello. Il successivo dice lo stesso e lo stesso il terzo, come se si fossero messi d’accordo. Si cammina tutto un giorno, senza essere arrivati al paese. Lo stesso è nella vita. Ma in sogno è tutto vicinissimo. Non abbiamo nessuna paura. Noi siamo fatti per il sogno, non abbiamo gli organi per la vita, ma siamo pesci che vogliono volare. Che fare?» 2

A questa domanda Rilke tenterà di rispondere qualche tempo dopo, attraverso i “quaderni” di un altro personaggio di cui Ewald Tragy è solo il prototipo, ovvero Malte Laurids Brigge, l’ignoto straniero con vocazione di poeta, danese, di famiglia nobile decaduta che, come Rilke nel 1902, arriva in un giorno della tarda estate a Parigi e si stabilisce nel Quartiere Latino. Se per Tragy la priorità era affrancarsi dalla famiglia per cominciare finalmente a vivere diventando un poeta, per Brigge – già più maturo – sarà “imparare a vedere”, ad attraversare le cose, ad accettare che la morte è parte integrante della vita e che l’assenza di Dio, il “buio di Dio”, può essere compreso, attraversato e accettato solo se si impara ad avere uno sguardo così, perché citando lo stesso Rilke della seconda Elegia Duinese,

(…) per noi sentire è consumarsi; sì,

ci svuotiamo col nostro stesso respiro; da brace a brace

mandiamo fragranza sempre più debole. 3

Ewald Tragy ci offre niente più e niente meno che un primo ritratto di Rilke da giovane,  lo stesso Rilke che più avanti scriverà la ben più famosa Lettera a un giovane poeta che non possiamo non citare perché è una summa del suo pensiero. «Essere artisti», scriveva Rilke, vuol «dire:  non calcolare e contare; maturare come l’albero, che non incalza i suoi succhi e sta sereno nelle tempeste di primavera senz’apprensione che l’estate non possa venire. Ché l’estate viene.» 4

Perché è proprio così, come la notte che segue il giorno o la primavera che arriva dopo l’inverno, e

non abbiamo alcuna ragione di diffidare del nostro mondo, ché non è esso contro di noi. E se ha terrori, sono nostri terrori; se ha abissi, appartengono a noi questi abissi, se vi sono pericoli, dobbiamo tentare di amarli. E se solo indirizziamo la nostra vita secondo quel principio, che ci consiglia di attenerci sempre al difficile, quello che ora ci appare ancora la cosa più estranea, ci diventerà la più fida e fedele. 5

La primavera del giovane Rilke arriverà insieme a una donna di nome Lou von Salomé, una scrittrice di origini russe, sposata e di quattordici anni più grande di lui, che lo introdurrà nel mondo delle lettere, e non solo. Ma questa è un’altra storia.

  1. R. M. Rilke, Ewald Tragy, Piccola Biblioteca Adelphi, p. 30-31
  2. ibidem, pag. 65
  3. R.M.Rilke, vol. 10 della Collana Un secolo di poesia, edizione speciale per il Corriere della Sera, p. 25
  4. R.M.Rilke, Lettere a un giovane poeta, Piccola Biblioteca Adelphi, p. 25
  5. ibidem, p. 60
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