Richard Brautigan. I fantasmi, l’ironia e il surrealismo

Foto di Eleonora Paulicelli

«Do you see what I’m getting at? Brautigan is a loser. Trout Fishing in America is a loser book. Most of the people who will buy it are probably losers. (I should mention that the first time I met Brautigan we got into a poker game with some people and everybody in the game lost)».

Con queste parole Don Carpenter recensisce Pesca alla Trota in America[1] di Richard Brautigan, il suo libro più famoso ristampato da Einaudi nel 2017. Brautigan nasce a Tacoma (Washington) nel 1935 e arriva a San Francisco negli anni in cui si legge Howl di Ginsberg (1955) alla City Lights Bookstore di Lawrence Ferlinghetti e si pubblica On the road di Jack Kerouac (1957). Anni davvero importanti per la letteratura americana. Diventa poi famoso per aver fatto parte della controcultura californiana degli anni ’60 e ’70.

Il suo romanzo più celebre è appunto Pesca alla Trota in America, pubblicato dalla Delacorte Press nel 1969 dietro suggerimento di Kurt Vonnegut dopo che alcuni studenti del suo corso di Harvard gliene fanno leggere una copia. La pubblicazione per una casa editrice così importante a quei tempi lo espone ad un pubblico molto ampio e gli fa vendere quasi 400mila copie in tutto il mondo. Successo che purtroppo Brautigan non riuscirà più a replicare con nessuna delle altre opere cadendo nell’oblio.

Tra le opere ingiustamente dimenticate c’è Revenge of the Lawn[2] una raccolta di racconti uscita nel 1971 contenente i racconti scritti tra il 1962 e il 1970. Narrazioni piene di ironia, surrealismo e metafore senza alcun senso alla prima lettura (forse anche alla seconda) in cui ad essere protagonista è la vita di tutti i giorni tra la costa americana del Pacifico e Tacoma. Per la loro struttura, molti di questi ricordano un diario personale poiché spesso non sono più lunghi di un paio di pagine, mentre altre volte sembrano riflessioni su articoli di giornale, come se l’autore avesse voluto fermare in queste pagine i suoi pensieri.

Alcuni parlano di temi più intimi come l’infanzia, l’amore e il sesso, altri raccontano di un amico da consolare perché lasciato dalla ragazza. Tutti, però, contengono il “marchio di fabbrica” di Brautigan: l’ironia (ed è questo il motivo per il quale spesso li ho riletti quando avevo bisogno di sorridere). Alcuni, come Coffe, ti conquistano già alle prime righe: «Sometimes life is merely a matter of coffe and whatever intimacy a cup of coffee affords» mentre altri sono surreali, come nel caso di The Ghost Children of Tacoma, in cui bambini uccidono soldati immaginari, affondano navi immaginarie, abbattono aerei immaginari.

A colpire, però, è che i protagonisti sono dannatamente “normali” e così, tra file in banca, chiacchierate con il macellaio e la dattilografa di Hemingway pagata 120$ al giorno, succede che il lettore riesce facilmente ad entrare nella vita quotidiana di un paesino qualunque degli Stati Uniti e ad ascoltarne i dialoghi surreali.

La mia curiosità verso Brautigan è arrivata anche grazie alla recente ristampa del suo ultimo romanzo American Dust[3], libro in cui prosegue il suo racconto della vita di provincia americana con la sua immancabile ironia e il suo talento per la narrazione delle situazioni surreali. Come quando racconta di una coppia che ogni sera si reca al lago per pescare portandosi letteralmente tutti i mobili di casa: divano, tavolo, cucina, lampade.

Ogni sera la stessa storia e ogni volta che inizia la descrizione del montaggio dei mobili in riva al lago il lettore non può fare a meno di ridere. Proprio il lago, tra l’altro, è uno dei palcoscenici intorno al quale si svolge la vita del giovane protagonista, da molti considerato una proiezione autobiografica dello stesso autore.

La capacità di Brautigan di usare situazioni paradossali per raccontare un’America che stava cambiando è evidente ad esempio quando riporta i pensieri del ragazzo che, nascosto alla vista, osserva la coppia stramba in riva al lago mentre pesca comodamente seduta sul proprio divano:

Me ne stavo lì seduto, a fissare il loro salotto che risplendeva nel buio, vicino al lago. Sembrava quasi una fiaba a lieto fine nel cuore gotico dell’America del secondo dopoguerra, prima che la televisione menomasse l’immaginazione collettiva e rinchiudesse la gente in casa, impedendole di vivere con dignità le proprie fantasie.
A quei tempi la gente aveva un’immaginazione tutta propria da coltivare, e del resto i piatti si preparavano in casa. Ora i nostri sogni si incarnano in una qualunque strada americana, costellata di ristoranti di catena. A volte mi viene da pensare che perfino la nostra digestione sia una colonna sonora registrata a Hollywood da una delle tante reti televisive.

L’utilizzo che Brautigan fa di questi “fotogrammi surreali” permette al lettore di dare la propria personale interpretazione alla scena, interpretazione che non sarà mai falsa e che anzi riuscirà a raccontare con maggiore forza cosa è andato perso del grande sogno americano.

Della sua amicizia con Don Carpenter rimane purtroppo il triste e identico epilogo: entrambi si suicidarono a undici anni di distanza l’uno dall’altro. Si racconta che dopo la scoperta del cadavere di Brautigan, scrittori, attrici ex mogli e amici si ritrovarono tutti nel famoso ristorante Enrico’s per parlare di alcool, donne e fantasmi. Fantasmi che erano già presenti nei suoi racconti e che forse avrebbero dovuto far presagire quel triste epilogo.

[1] Pesca alla Trota in America, Richard Brautigan, Einaudi, Maggio 2017

[2] “Revenge of the Lawn”, Richard Brautigan, Canongate, 2009 (Digital Edition)

[3] American Dust, Richard Brautigan, minimum fax, 2017

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