Leggere antologie di racconti come gustare cuneesi al rum

Antologie racconti
Foto di Patrick Tomasso su Unsplash

C’è un amico di famiglia che ogni anno, in occasione del Natale, regala a me e alla mia compagna un sacchetto di cuneesi. Avete presente quei deliziosi cioccolatini il cui cuore di crema pasticcera al cioccolato fondente e rum (ma che ormai sono disponibili anche in altri gusti con o senza liquore) è racchiuso tra due cialde di meringa ricoperte di cioccolato? Se non li avete mai assaggiati vi consiglio, la prima volta che passate da Cuneo, di fermarvi in una delle tante pasticcerie del centro che li vendono. Farete un gustoso regalo al vostro palato e capirete anche perché, in un sito che tradizionalmente si occupa di racconti (e in un articolo che promette di parlare nello specifico di antologie di racconti), ho deciso di iniziare parlando di cioccolatini.

Dai cioccolatini alle antologie di racconti

Il viaggio tra le pagine delle antologie merita un compagno d’eccezione. E quale miglior compagno di viaggio del buon vecchio Ernest Hemingway,che i cuneesi al rum li aveva comprati per davvero?

La storia merita una piccola premessa: se ci avete fatto caso Hemingway sta ai bar come Garibaldi o Napoleone stanno alle regge o alle dimore storiche. Prima o dopo, soprattutto se amate fare i flaneur per le strade delle città dell’Italia settentrionale, vi imbatterete in un locale, in un ristorante, in un’osteria, in un caffè o in un bar-pasticceria in cui lo scrittore americano ha passato qualche ora bevendo questo o quell’alcolico. A Cuneo questo onore spetta alla pasticceria Arione (la pasticceria dell’inventore dei cuneesi al rum) che un giorno di primavera del 1954 si trovò a ospitare l’autore dei Quarantanove racconti. Hemingway, consigliato dall’editore Arnoldo Mondadori, si fermò da Arione e acquistò una confezione di cuneesi al rum che presumibilmente regalò poi alla moglie Mary che lo aspettava a Nizza1.

Ecco, allora, ripartiamo da qui: poniamo il caso che nel viaggio in macchina tra Cuneo a Nizza Hemingway abbia deciso di assaggiare alcuni di quei cioccolatini. E poniamo il caso che, al posto dei tradizionali cuneesi al rum che doveva aver acquistato in occasione della sua visita da Arione, il palato dello scrittore americano abbia incontrato una volta la crema al rum, una volta la crema al Grand Marnier, una volta quella alle nocciole, una volta la crema di marroni, una volta il cremino, una volta una crema al pistacchio, una volta quella al liquore Strega, un’altra il sapore del cappuccino, eccetera eccetera… immagino che, se avete assaggiato almeno una volta questi cioccolatini assortiti, abbiate capito cosa intendo: ogni volta che i denti rompono la copertura di meringa e cioccolato la lingua incontra un’esperienza di gusto diversa. Trovo questa esperienza affine a quella di leggere le antologie di racconti.

Spogliarli dalla carta colorata

Prima di arrivare al cuore, occorre partire dalla confezione. I cuneesi al rum sono di solito avvolti da una carta colorata (spesso di color rubino) rallegrata da eleganti scritte dorate. Allo stesso modo, la confezione delle antologie di racconti la si riconosce per via di certi elementi ricorrenti tra cui:

  • la promessa di scoprire “nuove voci” (se si tratta di autori e autrici emergenti) o di incontrare la sicurezza delle “migliori voci della narrativa (italiana, americana, francese, latinoamericana, eccetera eccetera…) contemporanea”;
  • il/i nome/i del/della/dei/delle curatorə impresso in copertina (o nel frontespizio) prima degli autori o delle autrici presenti nel libro;
  • un titolo che vuole definire in maniera collettiva il gruppo di autori o autrici sulla base di affinità di stile. È il caso per esempio della famosa antologia Gioventù cannibale curata da Daniele Brolli o delle antologie curate da Giulia Belloni Peressutti come Gli intemperanti (Meridiano zero)e I giovani cosmetici (Sartorio);
  • un titolo che definisce il filo rosso che tiene insieme i racconti. Esempi in questo senso sono le antologie Hotel Lagoverde a cura di Gianluigi Bodi (LiberAria), Déjà vu. Altre storie, altro presente (a cura di Maurizio Vicedomini per Alessandro Polidoro Editore), ma anche Mentiras e Amapolas (Alessandro Polidoro Editore), L’ultimo sesso al tempo della peste (a cura di Filippo Tuena per NEO. Edizioni), Gli stonati (a cura di Alessio Romano per NEO. Edizioni) e La vita sobria (a cura di Graziano Dell’Anna per NEO. Edizioni) e Viaggi sulla luna (a cura di Fabrizio Farina per Racconti edizioni);
  • un titolo che vuole definire i confini di un’epoca come nel caso delle antologie di Minimum fax La qualità dell’aria (a cura di Nicola Lagioia e Christian Raimo) e L’età della febbre (a cura di Christian Raimo e Alessandro Gazoia);
  • un titolo che vuole proporre uno sguardo su una generazione. Un grande classico in questo senso sono le antologie Under 25 curate da Vittorio Tondelli per Il lavoro culturale e Transeuropa tra il 1987 e il 1990;
  • un titolo che vuole offrire una fotografia della letteratura contemporanea di un Paese e lo fa in maniera più elegante dello stucchevole e didascalico “migliori voci della narrativa [italiana, americana, francese, latinoamericana, eccetera eccetera…] contemporanea”. In questo senso rientrano Burned Children of America (a cura di Marco Cassini e Martina Testa per Minimum fax) e le antologie Heridas, Calles, Vidas, Tintas e Tierras di Gran vía edizioni (preziosissime per chi desidera «addentrarsi nei vasti labirinti della cuentística latinoamericana»2).

Il mio piacere nel leggere antologie di racconti varia dallo scoprire “nuove voci” (del resto è quello che fa anche una rivista letteraria come Tre racconti) al riscoprire i primi passi di un autore o di una autrice che ora hanno raggiunto il successo di vendite e/o il consenso della critica letteraria. Le antologie di questo secondo tipo, naturalmente, devono essere uscite almeno 10/15 anni prima del momento in cui io me le ritrovo fra le mani. Tuttavia, per via della possibilità di poterne farne una poetica a posteriori, le antologie un po’ “stagionate” sono quelle che trovo in assoluto più stuzzicanti.  

Rompere le cialde di meringa

Tra le molte antologie di racconti che ho letto a distanza di anni dalla loro uscita rientra un caso particolarmente gustoso: Nuovi narratori americani. Racconti della post-generation (Theoria, 1995). Il titolo italiano, intanto, non corrisponde a quello dell’edizione originale americana (Voices of the Xiled. A generation speaks for itself). In sostanza, le intenzioni dei curatori (Michael Wexler e John Hulme) erano simili a quelle di Vittorio Tondelli con le sue antologie Under 25, ovvero offrire il racconto di una generazione di giovani scritto da persone di quella stessa generazione. Data la maggiore difficoltà nel vendere le raccolte di racconti in Italia (rispetto ai romanzi) e un generale sospetto dei lettori e delle lettrici del nostro Paese nei confronti delle antologie composite, l’editore italiano ha prudentemente preferito puntare su un titolo più didascalico, relegando il concetto di generazione al sottotitolo. A ogni modo, questo libro, che possiedo nell’edizione tascabile uscita nel 1997 nella collana Ritmi, ha la particolarità di avere delle piccole prefazioni a ogni racconto. In questi brevi testi viene tracciata una nota biografica dell’autore o dell’autrice. Tra i nomi – all’epoca sconosciuti o poco conosciuti in Italia – figurano Jennifer Egan (con Città di smeraldo), Charles D’Ambrosio (con Il suo vero nome) e David Foster Wallace (con Ragazzina dai capelli curiosi3). Tuttavia, se le brevi biografie di Egan e D’Ambrosio risultano piuttosto essenziali, e riportano luogo e anno di nascita, percorso di studi e prime opere pubblicate (spesso, all’epoca, solo su riviste letterarie), nel caso di David Foster Wallace la bio rivela anche una ironica chiusa dal tono del pettegolezzo metaletterario che fa pensare che sia stata scritta dallo stesso autore del racconto. A ogni modo, il piacere di incontrare nomi che nel corso del tempo si sono confermati equivale a quello del primo morso alle cialde di meringa: è quella sicurezza che ti accoglie e ti prepara ad affrontare l’incontro con il palato.

L’incontro con il palato

Ci sono due tipi di persone che leggono narrativa: quelle che leggono le prefazioni prima di leggere la raccolta di racconti o il romanzo e quelle che leggono le prefazioni dopo aver letto la raccolta di racconti o il romanzo. Io sono un tipo di lettore della prima specie. Talvolta, mentre sfoglio i volumi in libreria, leggo soltanto la prefazione o brani dall’apparato critico presente come appendice al libro. Il testo mi interessa in maniera secondaria, rispetto a ciò che viene detto sul testo o su chi ha prodotto quel testo. Per certi versi questo atteggiamento nei confronti dell’opera è perverso, ma se fosse possibile mi piacerebbe che tutti i testi, anche quelli degli/delle emergenti uscissero con una prefazione o un apparato critico già in occasione della prima edizione. Mi accontenterei anche di una nota dell’autore in apertura del libro, come spesso accade nelle opere di Antonio Tabucchi o di Vladimir Nabokov4.

Quindi, la presenza di quelle piccole biografie ad anticipare i racconti dell’antologia Nuovi narratori americani equivale nel mio caso al primo incontro con il cuore del cioccolatino. Se in quell’anticipazione c’è qualcosa che mi conquista sono pronto a far disciogliere con lentezza il resto del ripieno. Nel caso del racconto di David Foster Wallace non c’era più la sorpresa per la voce dell’autore o per il racconto stesso, ma leggere le righe che riporto qui di seguito mi hanno fatto venir voglia di rileggere il racconto, anche se lo conoscevo già. È una cosa piccola e, in un certo senso, anche un po’ ridicola. Ha il sapore dell’esordiente che ha passato anni davanti allo specchio a ripetersi il discorso. Ha il gusto dell’ingenuità e della spontaneità. Ma è un gusto che mi piace e che ho voglia di condividere:

David Foster Wallace è nato a New York nel 1962, è cresciuto nell’Illinois, ha studiato all’Amherst College e all’Università dell’Arizona a Tucson, è autore di un romanzo The broom of the system, di una raccolta di racconti intitolata come quello che segue, di un libro di non-fiction sul rap e sulle questioni razziali, Sygnifyng rappers, insieme a Mark Costello (l’avvocato, non lo scrittore), sta lavorando su qualcosa di lungo per Little, Brown & Co. che ha tutta l’aria di non essere pronto per la scadenza, non è mai stato, in nessun luogo, per nessun motivo in ritardo con qualcosa, ragion per cui è un po’ fuori fase, attualmente, per motivi connessi meno con il salario e più con l’assicurazione sanitaria, insegna inglese alla Illinois State University di Bloomington-Normal, Illinois.
[GHIOTTA NOTIZIA PERSONALE RIF. “RAGAZZINA DAI CAPELLI CURIOSI”: un’intima conoscenza di sesso feminile troncò ogni legame con il Nostro non appena il racconto fu scritto e (mossa avventata) mostrato alla suddetta, sostenendo che chiunque fosse capace di scrivere una cosa siffatta era, senz’ombra di dubbio, un giovane assai disturbato, conclusione che il Nostro ha negato e continua a negare].5

Quello che resta e quello che svanisce

Ogni vecchia antologia di racconti, inevitabilmente, contiene autori e autrici che nel corso del tempo sono diventati dei grandi nomi della letteratura e autori e autrici che hanno smesso di scrivere o che non hanno saputo esprimere a fondo il loro talento. Anche nel caso dell’antologia Nuovi narratori americani ci sono dei nomi di cui si sono perse le tracce, almeno qui in Italia. Per esempio, a quanto vedo dopo una rapida ricerca sulla pagina in inglese di Wikipedia, Abraham Rodriguez Jr. non pubblica un libro dal 2008 (e probabilmente il racconto presente nell’antologia è uno dei suoi pochissimi testi tradotti in italiano). Poco importa: leggere le antologie di racconti è importante anche per capire che la letteratura può essere crudele. Certe volte, infatti, quello che poteva essere un inizio – o comunque un’occasione per costruire un proprio pubblico di lettori – si rivela il canto del cigno. Le antologie di racconti quindi possono essere una fonte impareggiabile di pezzi unici, singoli, ineguagliati da parte dello stesso autore o autrice. Altre volte, al contrario, si scoprono esordi o albori che sembravano non preludere a niente di interessante e invece poi, con il tempo, quel primo o sporadico timido vagito si è trasformato in una voce solida e in una poetica strutturata e capace di avere un impatto importante sulla letteratura circostante. Eccoli qui, allora, alcuni dei motivi per cui vale la pena leggere le antologie di racconti.

1 8 maggio 1954. Ernest Hemingway, su suggerimento di Mondadori, si ferma a Cuneo per fare una sosta. Pare che abbia sorseggiato un whisky e acquistato una confezione di cuneesi al rum.

2 La definizione è presa dalla descrizione delle collane dédalos sul sito di Gran vía edizioni.

3 Il titolo è riportato nella traduzione di Cristiana Mennella per Nuovi narratori americani (Thoria, 1995). Tale racconto è conosciuto anche come La ragazza dai capelli strani (vedi omonima raccolta pubblicata da Einaudi e da Minimum fax).

4 Nabokov, con Fuoco Pallido, ha esaudito il mio sogno: un romanzo che in sostanza è «un poema in distici eroici di novecentonovantanove versi, suddivisi in quattro canti» e relativo commento.

5 Nuovi narratori americani. Racconti della post-generation, traduzione di Cristiana Mennella, Theoria.

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One comment

  1. Maria Teresa Lezzi Fiorentino says:

    Bellissimo paragone! La mia predilezione per i racconti va di pari passo con la golosità.
    Li trovo deliziosi, da gustare uno ad uno, trattenendo le sensazioni che mi regalano.
    Amo leggerli e scriverli, assaporando la vita.
    Terry Lezzi

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