Fino a qualche anno fa, per me, la lettura di racconti era legata alle antologie scolastiche sulle quali si imparavano la comprensione e l’analisi del testo; era come se nella mia testa i romanzi fossero ciò che leggevo per piacere e i racconti quello che leggevo per dovere. Con il tempo, il mio percorso di lettrice mi ha portato a fare tante scoperte, tra queste quella che anche la forma breve può essere fonte di piacere. Andre Dubus è certamente uno degli autori responsabili di questa gradita rivoluzione.
Dubus scrive in modo pacato, introduce il lettore nella storia dei personaggi in maniera delicata, ma allo stesso tempo vivida e precisa. Sebbene spesso ai suoi protagonisti capitino fatti spiacevoli, anche sconvolgenti, quello che mi trasmette è l’affetto che sembra provare per tutti loro. E credo sia proprio questa sensazione di calore umano che mi accompagna sempre quando leggo i suoi scritti a farmelo apprezzare tanto e a citarlo sempre per primo quando si parla di racconti.

Il racconto Storia di un padre 1 si apre con la presentazione che il protagonista, Luke Ripley, fornisce di sé e della propria vita. O meglio delle sue due vite, quella esteriore di proprietario di una scuderia di cavalli nel Massachusetts, e quella legata al suo rapporto con Dio che, sebbene sia nota solo a lui e al suo amico e confidente padre Paul, è quella che ritiene autentica:
Mi chiamo Luke Ripley, ed ecco quella che chiamo la mia vita: posseggo una scuderia con trenta cavalli e dei ragazzi che insegnano equitazione […].La mia vita reale è qualcosa di cui nessuno parla più, a parte Padre Paul LeBeouf. 2
Luke è stato lasciato dalla moglie ormai da molti anni, e con lei se ne sono andati anche i figli, i quali hanno continuato a fargli visite regolari ogni estate, fino a quando non hanno intrapreso ognuno la propria vita adulta. Solo Jennifer, la più giovane, si reca ancora tutti gli anni dal padre. Lui si è perso tutto della crescita dei suoi ragazzi, l’ha vissuta attraverso i loro coetanei che frequentano la scuderia. Lo stupisce in particolare vedere come crescono le ragazze, come si trasformano in giovani donne, come si costruiscono un mondo al quale lui non può avere accesso, può solo intuirlo. Luke non conosce le donne: con sua moglie non si è probabilmente dato la reale opportunità di farlo, dopo di lei ha avuto solo un paio di rapporti occasionali e vedere la figlia ormai donna lo stupisce e lo inquieta. Reputa le donne in qualche modo diverse dagli uomini, e il sentimento di protezione nei loro confronti, chiaramente amplificato quando la donna in questione è la sua stessa figlia, emerge già nel seguente passaggio:
È strano per me vedere una donna vestita per il lavoro a quell’ora del mattino. Si sa quanto ci impiegano, con trucco e capelli e vestiti, e le immagino mentre si svegliano nel buio dell’inverno o con la prima debole luce nelle altre stagioni, e si vestono come se dovessero uscire per sera. […] Ma quando vedo quelle donne, penso che qualcosa sia andata storta, se il mondo accetta di mandare per strada, con la rugiada che non si è ancora asciugata, tutta quella gente vestita come fosse per la sera. 3
Come anticipato, la vita interiore di Luke è caratterizzata dal suo rapporto con la fede e con la religione. Conciliare le due vite non è semplice, e spesso Luke trova un grande conforto nel rituale, inteso sia come vita abitudinaria, fatta di piccoli gesti che si ripetono uguali giorno per giorno, sia soprattutto il rituale inteso come preghiera ed eucarestia. Grazie al rituale, l’uomo imperfetto è in grado di assaporare la pace e di non provare disperazione davanti al tempo e alla morte.
Luke si rende conto che, nonostante i propri sforzi, nella vita accadono cose spiacevoli, che non riesce a spiegarsi, come l’abbandono da parte della moglie. Tuttavia, la sua fede è salda, perché, come dice Padre Paul «La fede è credere in Dio, la fede è credere che Dio crede in te». 4
Una notte di fine estate però, succede qualcosa che lo pone davanti a un bivio: da una parte la salvezza dell’amatissima figlia, dall’altra tutte le regole e gli insegnamenti che gli vengono dalla fede, e probabilmente la salvezza della sua stessa anima.
Luke viene svegliato da Jennifer. La ragazza è molto turbata e passa un po’ prima che riesca a raccontare cosa le è successo: tornando a casa da una serata con le amiche, ha investito qualcuno. Senza avere la certezza che fosse un essere umano o un animale, se fosse vivo o morto, Jennifer è tornata a casa per chiedere aiuto, l’aiuto di suo padre.
Luke esce, ripercorre i passi della figlia nel buio e alla fine trova un uomo sdraiato nel fossato a lato della strada. È un ragazzo e per lui ormai non c’è più nulla da fare. Le uniche due cose che Luke avrebbe potuto fare, non le ha fatte: non ha chiamato un’ambulanza che lo accompagnasse e non si è fermato alla chiesa per permettere a Padre Paul di dare all’uomo l’estrema unzione. Questi saranno gli unici due peccati di cui Luke si pentirà.
Infatti, Luke non chiama i soccorsi e non denuncia il fatto, lascia che gli eventi facciano il proprio corso: torna a casa per occuparsi di sua figlia. Il giorno dopo finge un incidente con la macchina per giustificare il danno al paraurti, dopodiché va a messa e decide di non confessarsi. Questo peccato lo terrà per sé, ne parlerà solo con Dio.
Come recita il titolo, questa è la storia di un padre, uno solo dei tre che compaiono nel racconto: Luke, Padre Paul e Dio stesso. Paul è padre in quanto prete, ma non conosce la paternità, si fa carico delle anime delle persone della sua chiesa, compresa quella di Luke, ma non condivide con nessuno il legame che unisce un padre ai propri figli. L’altro padre del racconto è Dio, il padre per eccellenza. Egli non solo è padre di tutti gli uomini, ma anche padre di un figlio. Per Luke questo nulla di tutto questo è sufficiente: l’amore di un padre per una figlia non può essere compreso dagli altri padri del racconto. E Luke, pur con tutte le sue convinzioni religiose, si fa carico della propria scelta dettata dall’amore e accetta la propria imperfezione di uomo, anche se questo può far vacillare la fede, persino quella di Dio in lui:
No, rispondo, non è che li ami di meno, ma avrei potuto sopportare il dolore di vedere e sapere la pena dei miei figli, avrei potuto sopportare con orgoglio di vederli frustare e inchiodare. Ma tu non hai mai avuto una figlia e, se l’avessi avuta, non avresti sopportato la sua Passione.
Dunque, dice Lui, la ami più di quanto ami me.
La amo più di quanto amo la verità.
Allora la tua fede è debole, dice Lui.
Lo stesso la tua verso di me, dico, e mi dirigo con una mela o una carota verso il fienile. 5
È capitato a tutti nella vita di sentirsi inadeguati rispetto a un ideale di perfezione al quale si aspira: Andre Dubus ci racconta di un uomo che impara a convivere con la propria imperfezione di essere umano nei confronti di Dio.