Di irreversibilità ed entropia. «La memoria dell’uguale» di Alfredo Zucchi

Ho questa mia teoria o suggestione o chiamatela come vi pare: una buona raccolta di racconti ha sempre almeno una frase capace di restituire al lettore il senso completo dell’opera. Anzi: capisco che sto leggendo una buona raccolta nell’istante stesso in cui incontro quella frase che condensa in poche parole le intenzioni che hanno mosso la scrittura di tutti i racconti del libro1. Allora avverto una particolare vibrazione, uno scarto, una variazione di frequenza. Per dirla con un termine musicale, incontro un’alterazione (un bemolle, un diesis, un bequadro) che offre una variante non prevista dall’armatura di chiave della partitura, ma che è incredibilmente capace di dare colore all’intera opera.

Alfredo Zucchi_La memoria dell'uguale
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La frase – che può diventare un paragrafo o una intera pagina, naturalmente – è uno di quei fattori che l’autore non ha inserito all’interno del testo con consapevolezza; non è la chiave di volta, l’aforisma memorabile o il passaggio da sottolineare. È una frase (o un paragrafo o una pagina) che accade incidentalmente, è imprevista 2.

Dopo aver letto un certo numero di raccolte di racconti, mi sono reso conto che non troverò mai la frase (o il paragrafo o la pagina) di cui vi sto parlando nelle raccolte sghembe, raffazzonate, frutto della semplice somma di testi che hanno in comune solo la persona che li ha scritti. È difficile, se non impossibile. Invece so che posso trovarla nelle raccolte di chi ragiona intorno al processo di stesura dell’opera, al mistero della creazione artistica e alle sue possibilità. Allora comincia a crescere in me l’aspettativa e, quando avverto lo scarto, la vibrazione, il cambio di frequenza trovo finalmente anche il motivo per parlarne.

Qual è il punctum?

Nel saggio La camera chiara – Nota sulla fotografia Roland Barthes ha definito due aspetti fondamentali del processo di fruizione di un’immagine: lo studium e il punctum. Lo studium è l’aspetto razionale dell’operazione di osservazione di una fotografia: attraverso lo studium il fruitore ragiona intorno alle informazioni fornite dall’immagine. «È attraverso lo studium che io m’interesso a molte fotografie, sia che le recepisca come testimonianze politiche, sia che le gusti come buoni quadri storici;» dice Barthes «infatti, è culturalmente (questa connotazione è presente nello studium) che io partecipo alle figure, alle espressioni, ai gesti, allo scenario, alle azioni». Il punctum, invece, è un aspetto puramente soggettivo. È qualcosa di irrazionale, non ricercato, che «viene a infrangere (o a scandire) lo studium»3. Per Barthes il punctum è la puntura, il piccolo buco, la macchiolina, il piccolo taglio, ovvero quella fatalità che, all’interno della fotografia, punge l’attenzione dell’osservatore.   

Questa modalità di fruizione dell’immagine fotografica può essere traslata anche nel campo della letteratura e, nel nostro caso, nel ragionamento intorno a una raccolta di racconti. Lo studium mi porta a parlare dell’opera in termini tecnici e stilistici e ad arrivare a esplicitare in maniera chiara ciò che mi è piaciuto dell’opera o non mi è piaciuto. Il punctum, invece, è un fattore del tutto personale, ma mi permette di dire cosa ho amato dell’opera e quali sono i territori in cui essa mi proietta. Ecco, se già attraverso il semplice studium posso dire se dal punto di vista tecnico e stilistico mi trovo davanti a racconto ben scritto (o a una raccolta omogenea, uniforme, eccetera), in verità quello che per me è determinante per parlare di buon racconto (e di buona raccolta) è qualcosa che «mi punge (ma anche mi ferisce, mi ghermisce)» per dirlo ancora con le parole di Barthes. Nel mio caso ciò che mi punge, quando leggo una raccolta di racconti, è ritrovare proprio in una frase (o in un paragrafo o in una pagina) la suggestione di avvicinarmi al cuore, al senso generale dell’opera.

Nel caso della raccolta La memoria dell’uguale di Alfredo Zucchi (Alessandro Polidoro Editore), la frase in cui mi è sembrato di cogliere il senso completo dell’opera è questa:

Se fossi il demone di Maxwell, conoscerei tutte le variabili, sarei in grado di sciogliere il nodo dell’entropia e dell’irreversibilità del tempo, eviterei l’inevitabile 4.

La frase fa parte del racconto intitolato Sul bordo di un evento ed è il mio punctum del libro. Per comprendere meglio perché questo è il mio punctum, però, occorre inquadrare l’intera raccolta, procedere quindi allo studium.

Tempo, memoria, illusione. Breve studium dei racconti di Alfredo Zucchi

I nove racconti della raccolta ruotano attorno a questi tre grandi temi: il tempo, la memoria e l’illusione. Nulla di nuovo, si potrebbe dire, dopotutto sono temi di cui la Letteratura si nutre praticamente da sempre, e con particolare voracità a partire dal periodo tra le due guerre mondiali. Tempo, memoria, illusione sono temi cari a poeti come Pessoa e Rilke; sono materia che ha fertilizzato la fantasia e la speculazione letteraria di praticamente tutti i grandi autori europei e Latinoamericani (in particolare quella di Borges) degli ultimi cento anni 5. Tuttavia, Alfredo Zucchi non si limita a prendere questi temi e a tesserci intorno delle narrazioni. Attraverso i racconti Zucchi cerca di guardare a questi temi da angolazioni originali. Il tempo, per esempio, che siamo abituati a pensare come a una sorta di semiretta, o al limite un cerchio, nei racconti di Alfredo Zucchi sembra evolvere in una sorta di nastro di Möbius, di una superficie che possiede un solo lato e un solo bordo e che quindi ti permette di passare dal lato esterno a quello interno senza attraversare il nastro e senza saltare il bordo, ma semplicemente camminando a lungo.

Nastro di Moebius
Rappresentazione grafica del nastro di Möbius

Il nastro del tempo

Il nastro di Möbius non è una struttura inedita nel panorama dei racconti. Cortázar spesso costruiva nastri di Möbius (vedi per esempio racconti come L’isola a mezzogiorno o Anello di Möbius), ma in quel caso si trattava soprattutto di formidabili scelte pertinenti alla struttura del racconto. Alfredo Zucchi, invece, sembra voler esaminare le potenzialità del tempo. Così si diverte a segmentarlo, arrotolarlo, metterlo in discussione per il gusto di evidenziarne paradossi e singolari forme di continuità pseudo-identitarie. Zucchi non cerca la concretezza della struttura a nastro di Möbius, come ha fatto Cortázar, ma sembra volerne accarezzare alcune possibilità come l’identità (la superficie percorsa è sempre la stessa, ma siamo su un altro lato) o l’uguaglianza.

L’identità e l’uguaglianza sono aspetti particolarmente evidenti in almeno due racconti della raccolta: La memoria dell’uguale, che dà il titolo al libro, ed Esecuzione. Ma se in Esecuzione ­–un racconto che richiama in prima battuta il meccanismo inquietante de La lotteria di Shirley Jackson – il tema dell’uguaglianza e dell’identità trova sfogo nella circolarità implicita del rituale (con un finale che apre alla suggestione di una rottura del ciclo stesso), è La memoria dell’uguale a mettere maggiormente in discussione il flusso temporale e la sequenza degli accadimenti. In questo racconto viene espresso un dubbio sulla effettiva circolarità degli eventi, sulla loro possibile riproducibilità.

M. si affrettò al tavolo in cucina e annotò su un quaderno: “Se fisso un punto A su una circonferenza e comincio a percorrerla, ogni volta che torno allo stesso punto accade qualcosa di nuovo. È il pathos, la memoria del ritorno a generare differenza” 6.

Se prendiamo la circonferenza come metafora del tempo, è la consapevolezza dell’essere parte di un meccanismo circolare, a produrre il paradosso. Aver consapevolezza significa aver memoria ed è così che si genera lo scarto, la differenza. La memoria porta con sé la variabile, agisce sul tempo circolare modificandolo. L’osservatore percorrerà quindi l’anello e dopo un certo tempo si ritroverà su un lato diverso del percorso, anche senza aver abbandonato la superficie. Di questo percorso paradossale rimarranno tracce, evidenze che, però, per un osservatore interno al sistema in moto, resteranno inesplicabili. Nel racconto La memoria dell’uguale è una serie di omicidi rituali a trovare l’identità non nel modus operandi, ma in un particolare: le impronte dell’omicida sull’arma coincidono sempre con quelle della vittima. Si potrebbe pensare a suicidi, se non fosse che la scena del delitto mostra evidenze che rendono impossibile tale ipotesi:

“Arma da fuoco; il proiettile ha perforato le tempie da parte a parte, uccidendo la donna sul colpo. Le impronte sulla pistola, rivenuta sul televisore a circa tre metri dal cadavere, sono le stesse di quelle della defunta”.

Nel corso del racconto ogni spiegazione logica si sgretola a favore del paradosso. Ma è proprio il paradosso che muove l’indagine, che mette in moto il percorso lungo l’anello. Non racconterò la conclusione della storia, quanto ci tengo a sottolineare il piacere per il lettore del lasciarsi accompagnare per mano dall’autore lungo il meccanismo.

Irreversibilità senza nostalgia

In genere la memoria è correlata a una nostalgia per il passato, a una nostalgia per il ritorno. Tale nostalgia può produrre effetti diversi a seconda dei casi: in letteratura la memoria e la nostalgia spesso producono inquietudine.

Secondo il filosofo Vladimir Jankélévitch esiste una nostalgie de l’irréversible, una nostalgia di ciò che non potremmo più tornare a essere o, in altri termini, una nostalgia di ciò che avremmo potuto essere, ma non siamo stati. «La nostalgia dell’irréversible genera livore, rabbia, furore, avversione verso noi stessi, astio, esecrazione. Perché tutto questo stava accadendo e non lo capivamo. E io? Chi ero io, dunque?» afferma Antonio Tabucchi in un suo saggio intitolato Controtempo e aggiunge: «Questo il tormento che pone la nostalgia dell’irreversibile». 7Riflettere sul passato, abbandonarsi alla nostalgia, conduce alla presa di coscienza dell’irreversibilità delle cose andate. Tale irreversibilità porta a uno sguardo inquieto sul mondo.   

Nei racconti de La memoria dell’uguale è presente la questione dell’irreversibilità, ma produce nei personaggi un’inquietudine non correlata alla nostalgia. Ecco un altro aspetto originale nel modo di trattare i temi da parte di Alfredo Zucchi.

L’inquietudine non si produce da un ritorno mancato ma, al contrario, dal peso di un ritorno possibile dell’uguale. E se da una parte ci sarebbe l’entropia a scongiurare tale ritorno, dall’altra i segni sembrano confutare perfino le leggi della termodinamica. I personaggi dei racconti di Alfredo Zucchi, quindi, sono così invischiati nel gioco fino a lanciarsi in una lotta serrata contro la naturale tendenza dei sistemi all’entropia.  

L’entropia – la sedicente ineluttabile dispersione di energia nei processi che coinvolgono il calore, dispersione che aziona la freccia del tempo e la sua irreversibilità – non è una proprietà dei sistemi osservati, ma di chi li osserva. Se fossi il demone di Maxwell, se avessi informazioni adeguate, potrei disporre le particelle calde e quelle fredde in un sistema chiuso in modo tale da evitare l’inevitabile. Al momento opportuno, in un laboratorio ideale, che di certo non è la riva di un fiume, potrei persino, teoricamente, invertire la morte biologica di un organismo. 8

La lotta, però, risulta illusoria, il nodo dell’entropia non può essere sciolto: nei passaggi dal microscopico al macroscopico si sbatte contro il muro dell’irreversibilità. «Intuii il limite: solo oltre la soglia del microscopico l’inevitabile si mostra come tale» conclude il protagonista di Sul bordo di un evento, un uomo che ripercorre l’efferato delitto che lo ha portato a essere condannato a morte. Rimane tuttavia una suggestione: la morte, la regina degli eventi irreversibili, diventa «una figura grossolana e inelegante» perché capace di agire solo sui sistemi macroscopici, mentre nel microscopico, a livello degli atomi e delle particelle elementari, appare priva del suo potere, soggiogata all’eternità immutabile. 9

Alfredo Zucchi_La memoria dell'uguale
Photo by Jr Korpa on Unsplash

Arrivare al punctum

«Molto spesso il punctum è un “particolare”, un oggetto parziale» sostiene Barthes e precisa «per cogliere il punctum, nessuna analisi mi sarebbe utile (ma forse, come si vedrà, mi sarà talora utile il ricordo)».

Ritornando ai racconti di Alfredo Zucchi la frase: «Se fossi il demone di Maxwell, conoscerei tutte le variabili, sarei in grado di sciogliere il nodo dell’entropia e dell’irreversibilità del tempo, eviterei l’inevitabile» mi ha quindi punto perché è entrata in risonanza con qualcosa che avevo assorbito altrove, attraverso la mia esperienza di vita e di lettura. Quella frase mi ha avvicinato all’opera e, anche se non la spiega in maniera universale, la avvicina a me, mi permette di elaborarci sopra un pensiero (più probabilmente una speculazione). In parte questo si è visto anche nell’approccio allo studium: le stampelle offerte da altre opere letterarie e il ragionamento intorno alla poetica di Zucchi sono in continuo dialogo con il mio punctum. Ma non era questo lo scopo: il punctum è qualcosa di irrazionale, di imprevedibile, eppure capace di generale un sottile piacere nella fruizione dell’opera. Attraverso quel punctum ho trovato una chiave di accesso all’opera, uno strumento che mi ha permesso di avvicinarmi ai temi della memoria, dell’illusione e del tempo. Spero di essermi avvicinato anche allo sguardo dell’autore, al suo pensiero intorno a questi temi. Se mi sono avvicinato, ne sono felice. Se non mi sono avvicinato, spero di aver offerto nuovi punti di vista sulla raccolta. In ogni caso resta il piacere di aver trovato una materia letteraria capace di mettermi piacevolmente in gioco come lettore.

  1. Preciso, a scanso di equivoci, che non si può dire: “questa è la frase, il paragrafo o la pagina che vi farà comprendere il senso completo dell’opera” perché si tratta di una percezione soggettiva; si può al massimo dire: “questa è per me la frase, il paragrafo o la pagina che mi hanno avvicinato al cuore dell’opera; che hanno cambiato la mia prospettiva sull’opera stessa”.
  2. Roland Barthes, La camera chiara – Nota sulla fotografia, Einaudi, 2014.
  3. [2]
  4. Alfredo Zucchi, Sul bordo di un evento, in La memoria dell’uguale, Alessandro Polidoro Editore, 2020.
  5. In Nordamerica questi temi hanno apparentemente attecchito meno, ma hanno trovato comunque voci eccezionali, come quella di Faulkner.
  6. Alfredo Zucchi, La memoria dell’uguale, in La memoria dell’uguale, Alessandro Polidoro Editore, 2020.
  7. Antonio Tabucchi, Controtempo, in Di tutto resta un poco. Letteratura e cinema, Feltrinelli, 2013.
  8. Alfredo Zucchi, Sul bordo di un evento, in La memoria dell’uguale, Alessandro Polidoro Editore, 2020.
  9. Sul bordo di un evento è un racconto su cui, oltre a James Clerk Maxwell, citato esplicitamente, si allunga l’ombra anche di un altro grande genio della fisica che si è occupato di irreversibilità ed entropia: Ludwig Boltzmann (per un approfondimento sulla teoria statistica di Boltzmann, sull’irreversibilità e sull’entropia consiglio la lettura di questo articolo). Un riferimento più evidente allo stesso Boltzmann è rappresentato dal racconto L’esatto. Consiglio di prestare particolare attenzione alle citazioni presenti prima di alcuni testi. Naturalmente esse completano il senso dei racconti che anticipano, ma generano un dialogo anche con altri testi presenti nella raccolta.
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